Tanti pericoli del centro storico ci invitano a non dimenticare quel 23 gennaio 2010

Frammenti di memoria sul 23 gennaio 2010. Un dovere non solo per  Favara, mentre i centri storici presentano dovunque ancora pericoli. Una data questa del 23 gennaio che specie a Favara non può passare inosservata, perché richiama ad un giorno che ha segnato profondamente la sua storia, quando in una zona di case abbandonate in pieno centro storico, si verificò il crollo improvviso di un’abitazione a tre livelli, provocando la morte delle sorelle  Marianna e Chiara Pia Bellavia, di 14 e 4 anni.

Chi scrive, appena qualche ora dopo,  si trovava allora sul posto, quando è stato estratto vivo il fratello dodicenne  Giovanni, mentre per le due sorelle che i soccorritori riuscirono a raggiungere una buona mezz’ora dopo, non c’è stato nulla da fare.

Ricordo  quelle ore di concitazione, con il Prefetto Umberto Postiglione,  che, arrivato tempestivamente da Agrigento, dava concitatamente ordini al Sindaco avv. Domenico Russello (nella foto accanto), di abbattimento immediato di un buon numero di case nel circondario, dove era avvenuto il disastro;  mentre alcuni giovani favaresi presenti, davano segni di insofferenza, mostrando anche di volere quasi aggredire il Prefetto, simbolo  massimo dell’autorità in quel momento presente.

E chi  scrive, assieme ad altri ha svolto opera di convinzione, fortunatamente riuscita,  presso quei giovani,  a cui però è  stato spiegato che qualche loro gesto inconsulto contro il Prefetto,  avrebbe avuto come conseguenza solo il rallentamento del lavoro di ricerca tra le macerie, dove si stava cecando di riuscire a salvare  dopo il riprovamento di Giovanni, anche le due sue sorelle.

I funerali allora celebrati qualche giorno dopo in una Chiesa Madre gremita all’inverosimile, con una grande folla anche fuori, hanno registrato la presenza  delle massime autorità. Dal  Ministro della Giustizia del tempo Angelino Alfano, al  Presidente della Regione Raffaele Lombardo, mentre il prefetto Umberto  Postiglione comunicava espressamente il cordoglio delle massime cariche dello Stato: cioè  il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, i Presidenti di Camera e Senato, Gianfranco Fini e Renato Schifani.

Erano presenti al funerale molti sindaci con la fascia tricolore. E tutte le cronache del tempo, dei giornali locali e nazionali,  parlano del lunghissimo, scrosciante applauso che ha salutato l’uscita dalla Chiesa Madre delle bare bianche di Marianna e Chiara Pia; della  ghirlanda di fiori bianchi inviata dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano,  delle decine di fiori bianchi e di  un foglio di cartone rosa con disegni e messaggi scritti dai compagni di scuola;  mentre sempre  fuori dalla chiesa, c’è stato il volo di decine di palloncini bianchi, tra le lacrime e il dolore delle migliaia di persone che partecipavano.

La Messa era concelebrata da una ventina di sacerdoti,  di Favara e dei paesi vicini, che tutti  per mezzo del presidente, lanciavano sostanzialmente questo messaggio :  «Dio non ha abbandonato il suo popolo e i politici, che sono stati scelti dal popolo, non dovrebbero abbandonare coloro che sono rimasti indietro e i più poveri»

Un dramma quello vissuto a Favara il 23 gennaio 2010 che  ha scoperchiato in Sicilia l’emergenza edilizia dei centri storici, dove però a partire da Favara – dobbiamo forse riconoscere  – che davvero non molto è stato fatto. Anche a Favara, dove tanti pericoli permangono, come solo  per fare un esempio , nella via Zanella, a meno di due passi dalla  Farm,  non pochi dicono che c’è  un palazzo dal grande valore storico, che pur puntellato  dai privati, rischia comunque di crollare anche  improvvisamente, con tutti i danni che potrebbe causare a chi si dovesse trovare occasionalmente di passaggio.

Il dovere della memoria deve spingere,  ognuno per la sua parte e nel suo ruolo, al dovere di intervenire tempestivamente per evitare danni e lutti.

Ma a margine di tutto, ricordando quel 23 gennaio di 12 anni fa, dobbiamo dire che allora,  dopo che il  Card. Angelo Bagnasco in un comunicato aveva a sottolineato che, nonostante l’impegno della Protezione civile, in Italia, molti allarmi erano rimasti  inascoltati e tante  segnalazioni non raccolte”, l‘arcivescovo di Agrigento Francesco Montenegro (nella foto accanto) , presente in assemblea tra i fedeli, aveva  rifiutato di presiedere la funzione per protestare contro “una tragedia annunciata e che si poteva evitare“. Anzi lo aveva comunicato prima  :”Il mio posto sarà tra la gente di Favara con loro pregherò per Marianna, la piccola Chiara e per i loro genitori e per il piccolo Giovanni”. “Non è un sottrarmi al mio ruolo di vescovo, di pastore della porzione di popolo che il Signore mi ha affidato – aveva spiegato – ma un farmi solidale e vicino alla famiglia Bellavia in questo giorno che è giorno di preghiera e silenzio. Invito tutti a guardare al Crocifisso, nell’estremo grido di Gesù sulla croce sono contenuti e riecheggiano tutti i gridi dell’umanità intera e tutti sono bagnati dalle lacrime del Padre”.

Una posizione questa dell’arcivescovo, non da tutti nella Chiesa condivisa, come pure del messaggio dell’omelia, in cui tanta responsabilità sull’accaduto al potere politico era stata attibuita, specie in taluni settori dell’ambito ecclesiale agrigentino e non.

In ambito ecclesiale a largo raggio, c’era pure  però  chi affermava e si chiedeva,…  scriveva ed interrogava:   La morte è morte,  la disgrazia è disgrazia, la politica è politica……..perché la MESSA non deve essere MESSA?  Perché si deve trovare sempre un prete di turno, pronto e disposto, ad approfittare di una disgrazia, di una o due morti per fare un comizio, lanciare una o più maledizioni contro ignoti o gente conosciuta, servendosi della MESSA che è pure la MEMORIA di UNO che muore ammazzato sulla CROCE senza maledire nessuno?….”.  E ancora: “Perché, se si ha qualcosa da dire (e sarebbero tante le cose da dire e da gridare!)…non si sceglie un bar o la piazza, come faceva un certo Giovanni Battista,  per redarguire la mala vita di tutti, compresi i potenti di ogni tempo? Perché non lasciare la MESSA x fini + vicini alle intenzioni e al cuore di COLUI che l’ha istituita? perché vedi FAVARA g.26 Gennaio 2010, il pastore si nasconde tra le pecore e lascia il bastone nelle mani di un altro che se ne serve non per dirigere e indicare la strada, ma x dare ,gratuitamente, bastonate a destra e a manca?!?”.

  Anche su queste posizioni culturali e pastorali,  in un libero dibattitto che è sempre preferibile,  c’è sicuramente materia su cui riflettere.

E la Chiesa,  sempre ma soprattutto in questo tempo di Papa Francesco,  non solo non teme, ma anzi affronta positivamente ogni  problematica.

Sempre con serietà e serenità, affronta tutte le discussioni anche le più scabrose, perché  tutte possono farci di più  crescere e magari meglio maturare.

Diego Acquisto

22-1-2022

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