DIARI E MEMORIE DI PRETI–Testo uscito su Avvenire 31 maggio 2019

DIARI E MEMORIE DI PRETI--Testo uscito su Avvenire 31 maggio 2019

SE  si volesse conoscere la storia minuta  di città e paesi nella ramificazione di  borghi e  campagne, di luoghi  lontani  da  siti turistici, allora bisognerebbe leggere i Diari e le Memorie di parroci,  che lì hanno passato gran parte della loro vita pastorale, come compagni  e maestri di  fede  cristiana. Non volumi di stampo accademico e distaccato, bensì scritti…sul campo, a contatto con la cruda esperienza quotidiana. Esperienza che per lo più si fa nella Parrocchia, là dove c’è una comunità in fieri di credenti impegnati, di  credenti occasionali,  e di uomini e donne di ogni età  e condizione  sociale. La parrocchia  che – con le adeguate   innovazioni  dovute alla vita moderna-  è sempre attuale;    “  è la cellula vivente  della chiesa, annotava don Primo Mazzolari nel 1936, nella parrocchia  la chiesa  fa casa  con l’uomo.”

Ne sono coscienti preti la cui attività pastorale rivive nei loro Diari;  intendiamo riferirci  a due parroci di  due regioni   diverse, del Centro e del Sud ,  che sono stati ( o uno di loro è ancora )  nella stessa parrocchia per 50 anni.

Don Mino Tagliaferri ( morto appena due mesi fa )  è stato parroco di Santa Felicita a Ponte Vecchio in Firenze per 45 anni, ha affidato  le sue memorie  al volume  Parrocchie del Novecento, memorie , ricordi e altro (2018, pagg. 175 ) “  Sono arrivato a Firenze- scrive-  come parroco di  Santa Felicita sulla sponda meridionale dell’Arno, comunemente  chiamato Oltrarno, nel luglio del 1965, avevo quarantuno anni. La parrocchia è una grossa fetta di città abitata prevalentemente dal famoso  artigianato fiorentino dalle cui botteghe uscivano i capolavori stimati e ammirati e facevano di Firenze una vetrina d’arte  a cielo aperto.” Da questa  annotazione iniziale prende via  man mano tutta una fitta storia di  attività, di eventi, di personaggi,  di equivoci, di pettegolezzi, di pregiudizi  e  di volta in volta, leggendo il Diario di don Mino, ci si rende conto che le stradine attorno a Ponte Vecchio e a Palazzo Pitti non hanno nulla di diverso da quelle di piccoli paesi. Pur tuttavia in tale dedalo di stradine, in cui gli sconsigliavano di andare,  poco alla volta  egli  prese conoscenza  e portò un raggio di luce in stanzette nere e puzzolenti. Ai ricordi di grandi preti suoi coetanei- il cardinale Piovanelli e don Milani-  con cui era in contatto, seguivano  tante piccole  iniziative- doposcuola in parrocchia, giornalino parrocchiale, festa della famiglia, anziani  in vacanza…-  che poco alla volta  diedero un volto nuovo a una zona turistica di Firenze e alle stradine strette e buie-laboratorio degli artigiani.

Don  Diego Acquisto è parroco da 50 anni nella parrocchia San Vito di Favara-(AG.)-  grande quanto uno città, ma con  le caratteristiche   del paese, nell’ambiente urbanistico , nei ritmi della vita e nell’economia.  Raggiunto tale traguardo, don Diego ha affidato  al volume Frammenti di vita(  pagg 220, 2019 ), a cura di Antonio Arnone e Giovanni Marchica, le memorie del suo ministero con tutte le difficoltà,  gli ostacoli, ma anche le soddisfazioni pastorali che inevitabilmente  accadono  nell’arco di tanti anni.  “ La mia presenza a Favara ( anche se non direttamente in questa parrocchia ) inizia qualche mese dopo la mia ordinazione presbiterale avvenuta  il 29 giugno 1963…Il mio servizio  nei mass media che ha affiancato con continuità, soprattutto dalla seconda metà anni  80, il servizio  pastorale di parroco e in taluni settori della vita diocesana, tiene conto – e non poteva essere diversamente – del progressivo travaglio culturale e e spirituale  di quel tempo. Nei  documenti raccolti  in questo volume si trovano alcuni  frammenti, stralci del mio cammino di vita di uomo e di sacerdote impegnato in parrocchia, nella scuola, da  cinquant’anni sempre a Favara. Una città questa, caratteristica , che spesso  è stata presentata come un’immagine della Sicilia, con tutti i suoi problemi, ma anche  i suoi  sogni e le sue idealità positive.”

Vincenzo Arnone

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