ALLARME per la FAMIGLIA

Notiziario di Telepace – Giovedì 05.08.2004

ALLARME per la FAMIGLIA

servizio di don Diego Acquisto

Un vero e proprio grido di allarme per la famiglia italiana, quello lanciato appena qualche giorno fa dal segretario della CEI Mons. Betori, che si è detto fortemente preoccupato per i provvedimenti legislativi in cantiere, a livello statale e regionale. A quanti si accingono ad emanare provvedimenti legislativi sulla famiglia, Mons. Betori ricorda che il dettato della Costituzione riconosce e tutela la famiglia intesa come “società naturale fondata sul matrimonio”, per cui ogni equiparazione di altre forme di convivenza risulta infondata e non può essere condivisa. L’autorevole presa di posizione del prelato fa riferimento al fatto che nelle ultime settimane sono in discussione proposte ed interventi legislativi che riguardano la condizione giuridica della famiglia da un lato e delle cosiddette unioni di fatto dall’altro, sia in Parlamento, in seguito all’esame delle proposte di legge presentate in materia, sia nelle Regioni, dove sono in discussione le proposte di Statuti.

Si tratta di problemi delicatissimi che vanno a toccare natura, fondamento e ruolo della famiglia nel nostro Paese, tematiche che presentano delicati profili di carattere etico e una forte valenza sociale, in cui è in gioco la dignità della persona e la solidità delle strutture fondamentali della collettività. Va quindi salvaguardata e promossa la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, secondo la felice espressione utilizzata dalla nostra Costituzione. Invece in vari Statuti regionali e in diverse proposte di legge presentate in Parlamento si equipara la famiglia fondata sul matrimonio alle unioni di fatto. Occorre pertanto riaffermare che si tratta di situazioni non assimilabili, radicalmente diverse rispetto alla famiglia fondata sul matrimonio. E desta preoccupazione questo tentativo di introdurre surrettiziamente, attraverso alcuni Statuti regionali, forme di indebita equiparazione.

Sulla base della riforma del Titolo V della Costituzione, gli Statuti regionali assumono un importante rango normativo, perché in analogia con le leggi costituzionali, approvati dal Consiglio Regionale a maggioranza assoluta, con due deliberazioni successive a un intervallo non minore di due mesi, diventano “carta fondamentale” della Regione. Nelle quattro Regioni -(Puglia, Calabria, Toscana, Umbria) – dove questo varo è avvenuto, in qualche caso è persino troppo evidente il riconoscimento, da un punto di vista giuridico, del ruolo di “altre forme di convivenza”. Inoltre, nei casi in cui non si esplicita il carattere eterosessuale di tali convivenze, si apre intenzionalmente la strada alle unioni omosessuali. E’ davvero in questione il volto ed il futuro del nostro Paese.

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