Sul “Viaggio nel passato, tra sogno e realtà” di Peppe Veneziano, dopo il volume “Volare in alto”
Domani 17 dicembre presso il Liceo MLK di Favara . Già nel titolo si comprende di che cosa potranno parlare gli alunni, confrontanfosi con l’Autore….
Il dott. Veneziano nel 2018 ha pubblicato “VOLARE in ALTO”, un volume autobiografico del quale anche allora mi sono occupato….. Perciò, anche per partecipare meglio all’incontro-dibattito di domani, mi permetto di ripubblicare quanto allora ho avuto modo di sottolineare in un servizio giornalistico……
***
Qualche considerazione sul volume “Volare in alto”, di Giuseppe Veneziano
Ho letto con piacere l’elegante volume dall’accattivante titolo “Volare in alto” del Ragioniere dott. Giuseppe Veneziano, da me sempre giudicato un vero gentleman, per il suo tratto non comune, davvero signorile.
Un volume autobiografico che lo stesso autore ha avuto la cortesia di consegnarmi personalmente , sottolineando di avere trascorso proprio nella parrocchia di S. Vito, con il mio predecessore
don Giuseppe Seggio, un certo periodo della sua giovinezza, che, anche se breve, malgrado tutto, forse comunque tra i più significativi per il suo percorso di vita, dal punto di vista formativo, seppure non ricordato in maniera del tutto positiva.
Una particolare sottolineatura la mia, perché notoriamente, in quel periodo la parrocchia S. Vito, oltre ad essere la più popolosa e vivace della città, era frequentata da molti giovani, allora rigorosamente divisi nei due settori, maschile e femminile; e per tutti c’era la direzione di un giovane prete, Padre Giuseppe Seggio, ricco di tante doti umane, e capace di incidere profondamente nell’animo di molti, … non pochi dei quali hanno maturato e poi speso positivamente i loro talenti nel sociale e nel politico, ricoprendo cariche pubbliche di rilievo, a servizio non solo della città, ma anche a livello più alto.
Anche lo stesso prof. Biagio Lentini – che a livello cittadino ha svolto tanti servizi non di secondaria importanza per la città – e che ha curato la prefazione del volume, deve la sua formazione alla parrocchia S. Vito ed in particolare a don Giuseppe Seggio.
Sul volume “Volare in alto”, di oltre 200 pagine, arricchito da diverse fotografie e fresco di stampa, che già nel titolo lancia un messaggio di perenne benefica attualità, è facile rilevare sin dalle prime battute la capacità dell’autore di sfuggire alle insidie di un genere letterario come l’autobiografia, che potrebbe facilmente indurre all’autocelebrazione.
Un rischio che l’autore assolutamente non corre, rivelando una matura capacità a sapersi distaccare di se stesso, per raccontarsi in maniera semplice, piana, oggettiva, ed ogni tanto anche con un pizzico di indovinata autoironia.
Un modo questo assai efficace con cui Veneziano, ragioniere e “principe” dei commercialisti agrigentini ma non solo, perché anche laureato in lingue straniere, riesce ad offrire, specie nelle prime pagine, uno spaccato dei modi di pensare, fare, istruire, formare ed educare di quel tempo che fu, e che adesso per fortuna , negli aspetti più discutibili, largamente superato.
Ed in questo senso il mio riferimento per esempio è anzitutto alla generosa dose di “ceffoni” con cui si rendeva più facile ed efficace l’apprendimento del latino nell’Abbazia Benedettina di S. Martino delle Scale, o addirittura, ancora più singolare, l’orientamento forzato a scoprire e seguire la vocazione religiosa alla vita monacale, per la gioia delle buone mamme, donne di chiesa, che gioivano grandemente a vedere il proprio figliuolo indossare per la prima volta l’abito sacro. E magari poi, nel richiedere una fotografia-ricordo, sentire il commento dell’astuto e navigato fotografo, dire che quel ragazzo, più che da frate, ha una faccia “da brigante”.
Una battuta ironica questa da non prendere alla lettera, ma, come nella cultura siciliana corrente, soprattutto di quel tempo, solo per dire che ci si trovava davanti a un ragazzo sveglio, vivace, intelligente, scaltro, che nella vita forse avrebbe poi fatto con successo ben altro, anziché l’umile frate in un Convento o il prete in una Chiesa di periferia.
E è proprio quello che è avvenuto con l’autore, e da lui raccontato con elegante schiettezza, come in tanti altri episodi in cui ha saputo abilmente destreggiarsi, discernere e decidere, non solo sul piano professionale, ma anche e soprattutto su quello privato e personale, nella formazione di una famiglia, istituto fondamentale di una sana vita sociale, fondata sui grandi valori della fedeltà e dell’indissolubilità del vincolo matrimoniale.
La sua unica delusione pare sia stata quella della politica, che nel volume – a mio giudizio – risulta la parte più significativa, se non proprio preponderante. Politica scelta con autentico spirito di servizio per nobili finalità , ma immersa in un groviglio favarese di “gelosie, tornaconti e tradimenti”. Dove comunque il dott. Veneziano ha collezionato dei successi personali, ricevendo notevoli consensi dalla base, perché è risultato bene eletto per ben tre volte in Consiglio Comunale, ricoprendo cariche assessoriali e anche più volte la carica di vice-sindaco.
Ma senza riuscire ad andare oltre ! soprattutto per il mancato appoggio dell’on. Landi, capo-bastone locale del PSI, il Partito in cui Veneziano aveva deciso di militare, coerente con i suoi principi di giustizia sociale e di libertà, ed assolutamente refrattario ad ogni forma comunque camuffata di servilismo. E proprio questo suo viscerale rifiuto del servilismo risultava insopportabile al capo-bastone locale, che tutto preferiva tenere in pugno.
Se mi è consentita una digressione, dato che mi trovo a Favara dal settembre 1963 e con la responsabilità di parroco di S. Vito dal 1969, devo anche dire che, pur in un clima di cordialità con il sottoscritto, lo stesso onorevole in un certo periodo denunciava la presenza di qualche prete scomodo, definito il “Pintacuda” di Favara. Erano gli anni in cui P. Ennio Pintacuda, prete gesuita, era ispiratore della stagione politica che portò alla cosiddetta primavera palermitana con la nascita di un movimento politico come Città per l’Uomo e La Rete.
Ma ritornando al nostro discorso, a proposito di ironia e soprattutto di qualche battuta pungente che non manca nel libro, Giuseppe Veneziano , favarese doc, in “Volare in alto” si propone di stimolare alla riflessione, raccontando episodi e fatti, rivolgendosi direttamente ai suoi nipoti, ma indirettamente e metaforicamente a tutti i favaresi, e non solo. Dalle tante pagine dedicate al suo impegno nella “polis”, mi pare che emerga chiaramente il desiderio di spingere i favaresi a sapersi rinnovare, in modo costruttivo, con coraggiosa saggezza, superando forme di conformismo o di “attaccamento fideistico” al proprio Partito.
In questa direzione vanno sicuramente le sue considerazioni, perché Favara continui a…….liberarsi con progressiva determinazione da ogni forma di servilismo e rassegnazione, aprendosi al coraggio della fiducia e della speranza concreta e fattiva, valorizzando il passato con i suoi errori, magari di persone e di programmi …di fiducia tradita e/o mal riposta…….per costruire pazientemente ma tenacemente un futuro diverso, … diverso e migliore con il coraggio di sapere cambiare ed osare.
Insomma , per concludere e non farla troppo lunga, “Volare in alto” è sì un libro autobiografico ma con l’effetto ed il desiderio di trasmettere valori che non possono passare di moda ed un impegno ideale di vita che ha un orizzonte più vasto del mero dato personale.
Favara 25-5-2018
Sac. Diego Acquisto
Parroco S. Vito
Favara
***************************************************************************
“Un viaggio nel passato tra sogno e realtà”
Di Diego Acquisto Ago 15, 2021
E’ il titolo del nuovo, elegante volume di Peppe Veneziano,…..Peppe Veneziano, così come preferisce essere chiamato dagli amici, è una persona di stile, con raffinata cultura su tanti versanti, già noto al pubblico come scrittore per il volume autobiografico di qualche anno fa dall’accattivante titolo “Volare alto”. In cui le sue tante considerazioni sulla sua vita e sull’ambiente di Favara , – (come facevo a suo tempo notare) – sembrano e sono finalizzate ad aiutare questa città a liberarsi con progressiva determinazione da ogni forma di servilismo e rassegnazione, aprendosi con coraggio ad un speranza concreta e fattiva, valorizzando il passato con i suoi errori, anche di persone e di programmi … di fiducia tradita e/o mal riposta.
Un libro allora, questa sua nuova fatica di “Un viaggio nel passato tra sogno e realtà”, che intanto cade proprio a fagiolo in questo periodo, mentre i favaresi si preparano a rinnovare democraticamente gli organi ammnistrativi di governo della loro città.
Una considerazione questa solo nostra e del tutto occasionale, sicuramente lontana dalla mente dell’autore, ma che tuttavia, anche se non messa in conto, può rivelarsi preziosa, favorendo nel confronto col passato remoto e (perché no ?) anche recente la riflessione.
Riflettendo cioè sul sogno del cambiamento che già è avvenuto, predisporsi meglio a scegliere per i cambiamenti che si rendono oggi necessari, nell’attuale critica situazione che Favara ha vissuto e sta vivendo; in cui è davvero necessario concretizzare un cambiamento nel modo di governare questa città: un nuovo modo di presenza, di governo e di vissuto concreto.
“Un viaggio nel passato tra sogno e realtà” , un romanzo imperniato sulla storia di una famiglia, formata da don Turiddu Monteleone, una moglie intelligente, saggia e perspicace come donna Michela; i figli Pasquale e Vanni, con la loro sorella Maria Celeste, alla quale i due fratelli, punzecchiandola, dicevano ogni tanto: “Maria Celè, nun ti po’ maritari si nun t’insigni a cucinari”.
Una famiglia in cui, “anche negli antenati” comunque “non risultava che tra loro ci fosse stato qualche “mbami”, tragediaturi o sbirru”. Quest’ultima affermazione è quanto dire, per capire la mentalità del tempo.
Insomma una famiglia davvero perbene, che in quei tempi sa bene destreggiarsi nelle diverse concrete situazioni, refrattaria all’illegalità e nello stesso tempo altrettanto determinata a non subire forma alcuna di angheria. Insomma una classica famiglia siculo-favarese, custode dei veri valori siciliani. Una famiglia appartenente alla classe dei “burgisi”, con tanta “roba”, capace di intessere rapporti di amicizia e vivere concretamente i classici valori dell’onestà, della cordialità, dell’onore, dell’amicizia, del rispetto della parola data; una famiglia che sa guardare sempre con fiducia al futuro.
Per la trama delle vicende familiari narrate, il romanzo, – (che anche per lo stile, piano e scorrevole, si fa leggere con piacere) – oltre che di carattere storico, senza esagerare, mi permetto di dire che può essere considerato davvero un classico per la conoscenza delle tradizioni, del folklore paesano, degli usi e costumi di allora, riguardo ai rapporti familiari, al fidanzamento, al matrimonio, alla politica, alle ricorrenze e feste, civili e religiose, al culto e rispetto dei propri morti.
Tanto per fare solo un esempio, su un tema delicato ed importante, mi limito a citare lo scambio (clandestino) di lettere tra i due fidanzati Vanni e Caterina, nella raffinata analisi psicologica dei loro sentimenti,… ha un contenuto così elevato di valori sul rispetto reciproco e sui valori del matrimonio, che si potrà suggerire di leggere a tutti i fidanzati nei Corsi di preparazione al matrimonio, anche e soprattutto di quelli che la Chiesa organizza, esigendone la partecipazione, per quelli che decidono di sposarsi in Chiesa.
Intanto ecco un piccolo assaggio di termini che ci riportano al fascino di un’epoca che non c’è più, quando si sognava una nuova realtà.
Termini come “(U vanniaturi” (il banditore), – i diversi tipi di giochi dei ragazzi: “di i mazzi” (delle mazze di legno), “di i pumetta” (dei bottoni), “di i tortuli” (delle trottole), “di a tulì tulì” (salto sulle spalle dei ragazzi posizionati tipo trenino); e questo per i giochi di allora, perché oggi tanti ragazzi hanno tra le mani ben altro, frutto della tecnologia più avanzata di oggi per trascorrer il tempo, magari senza socializzare fisicamente con altri. Per non parlare dell’attesa che c’era per gli scalatori “d’antinna” nella festa di “mezzausto”
Per i cibi: “ u brodu du gaddu” (brodo di gallo), “li lasagni cu sucu fatti a furnu” ( le lasagne col sugo cotte a forno); feste familiari con “dolci, fave, e ceci “calliati” (ceci lievitati e cotti con la sabbia”. Poi, nei grandi raduni per circostanze particolari o a ridosso delle feste principali, carne abbondante di maiale, salsiccia e tanto, tanto buon vino.
Insomma non mi dilungo ancora; il mio vuole esser solo un assaggio per inivitare a leggere il libro utile dai punti di vista più diversi, da quello storico-sociologico a quello politico, a quello psicologico e folkloristico delle tradizioni, a quello religioso ed etico, e via dicendo.
Buona e fruttuosa lettura in queste ferie di ferragosto e complimenti all’autore.
Diego Acquisto
14-8-2021
++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++
Lìintervento del prof. BIAGIO LENTINI
Buongiorno,
Un doveroso saluto alla dirigente prof.essa Mirella Vella, al vice-preside prof. Giuseppe Bennardo , ai docenti , agli alunni e ai convenuti.
Oggi, mi ritrovo con immenso piacere in quella che è stata per tanti anni la mia scuola con la quale , pur essendo passato quasi un ventennio, è rimasto un forte legame. Mi ci ritrovo per la presentazione dell’ultimo lavoro del dott. Giuseppe Veneziano: UN VIAGGIO NEL PASATO TRA SOGNO E REALTA’. Giuseppe Veneziano, per me Peppe, mi ha dato l’onore di redigere la prefazione del libro. Di ciò lo ringrazio. La mia amicizia con Peppe viene da molto lontano. Ci siamo conosciuti nel lontano 1966 quando entrambi, appassionati di politica , facevamo parte del consiglio comunale di Favara. E’ passato oltre mezzo secolo, ma la nostra amicizia si è sempre piu’ cementificata.
Fatta questa premessa. Entro nel merito dell’opera. ILVIAGGIO NEL PASSATO E’ UN ROMANZO STORICO E SOCIALE.
La storia che cosa è? Se non la narrazione di fatti e di avvenimenti realmente accaduti e suffragati da documenti. La storia, quindi , è utile , ci mette in relazione con le diversità, sconfigge l’oblio, ci insegna le radici. L’albero senza radici non vive . Un popolo senza storia non ha futuro. La storia la facciamo noi, non la fanno soltanto i grandi pensatori, gli uomini di stato, i condottieri.
Peppe Veneziano con “UN TUFFO NEL PASSATO”, fa storia perché recupera dall’oblio gli usi, i costumi, le tradizioni, i problemi economici e sociali del profondo sud della Sicilia degli anni ’50 . Storia che è l’immagine perfetta di tutta quanta l’isola, un mondo ancorato a codici profondi e ataviche tradizioni. C’è una radicale adesione al mondo siciliano. Il libro, pertanto, è la memoria di ciò che siamo stati . Leon Tolstoj scrive :”descrivi il tuo villaggio e sarai universale”.
L’autore dipinge i riti, i gesti, i cibi, i dolci, le feste con il susseguirsi delle stagioni. Il lettore viene invitato a porre l’occhio su quanto pullula nella vita di un paese.
Il romanzo è imperniato sulla storia di una famiglia della borghesia agraria, i MONTELEONE e le vicissitudini di uno dei loro familiari.
Nel romanzo si possono distinguere tre parti. La prima ha come epicentro la contrada PIANO VERDE, nella quale i Monteleone hanno dei terreni.
Nella parte centrale vengono narrati l’amore timoroso e sincero di VANNI e CATERINA e le traversie che ne scaturiscono. Nell’ultima parte viene descritta la determinazione dei due giovani per affermarsi. Lui come chirurgo e lei come docente e il coronamento del loro sogno di amore. Vanni è il secondo dei tre figli di TURIDDRU MONTELEONE e donna MICHELA, gli altri componenti della famiglia sono PASQUALE e MARIA CELESTE. Attorno ad essi gravitano don ANGELINU, fratello di Turiddru, GIURLANNU FRISCHETTO, il professore primario della clinica e la figlia GIADA, il dottor MARIO e altri personaggi, come i fratelli PRESTINI.
Tutti i personaggi dell’opera rappresentano un mondo legato alle tradizioni e ai valori del passato : famiglia, onore, rispetto, “roba”, quel mondo popolare siciliano, che per secoli è rimasto legato ai suoi valori arcaici e ancestrali descritti con maestria da Giovanni Verga.
L’autore, attraverso le sue reminiscenze, ci fa, inoltre, riscoprire la civiltà contadina con quadretti che riguardano la vita dei campi, le stagioni, le feste religiose, il bene e il male. Si tratta di filosofia popolare attraverso la quale si coglie l’anima del popolo e la sua saggezza. .
Nel dialogo, poi, in genere le voci hanno tutte una loro caratterizzazione linguistica, la lingua della famiglia spezzettandosi in varianti individuali, voci che danno nel medesimo tempo un carattere polifonico e corale .
C’è anche la riscoperta di espressioni del dialetto siciliano. Frasi che danno calore e colore e fortissima capacità espressiva al dialogo. IL TUTTO CADE COME IL SALE CHE DA GUSTO E SAPORE ALLE PIETANZE.
Nell’opera vengono fuori le problematiche e i valori della società contadina del tempo: gli usi, i costumi, le tradizioni, il sacrificio del lavoro, l’attesa della pioggia, l’ansia della semina, la gioia del raccolto con la descrizione di notti stellari, notti silenti e rumorose, il canto lugubre del barbagianni, il frinire dei grilli, l’abbaiare dei cani.
Rilevante è il senso dell’onore. Vanni usa estrema cautela nel rapporto con Caterina per evitare lo sproloquio.
Turiddru Monteleone “nu ristatu” del fidanzamento della figlia Maria Celeste con Giurlannu Frischetto dice al padre di lui :” Per noi gli impegni presi con la parola valgono piu’ di quelli scritti”. ( CHE COSA ERA U RISTATU?) Netta è la sfiducia nei confronti dello stato . Ognuno associandosi a dei solidali ritiene di far giustizia da sé.
UN VIAGGIO NEL PASSATO presenta tantissimi temi e filoni. L’autore diventa il cantore della vita dei campi e del lavoro intrisi spesso di lutti e dolori. Egli stesso diventa contadino e carrettiere, rievocando con un lessico e una terminologia appropriata il mondo georgico.
Rilevante è, infine, il dialogo epistolare tra Vanni e Caterina. Vanni tra l’opportunismo e l’attaccamento ai valori, rimane ancorato ai valori.
L’autore fa un bellissimo spaccato degli anni ’50 trasfigurando anche con la sua immaginazione personaggi e avvenimenti. Numerose sono le immagini fotografiche che riproducono quadretti della vita quotidiana, di feste come il Natale o di tradizioni come le minestre di San Giuseppe.
Il libro è arricchito da una copertina raffigurante un’opera dell’artista Vincenzo Patti. Mi piace concludere con Giuseppe Pitrè, uno dei massimi padri del folklore. CITO :” Le tradizioni popolari sono fonte primaria per far raggiungere a noi i segni concreti , condizioni di vita, di credenze, di ideologie di un popolo siciliano, che soffre, che spera e che ama”.
Peppe Veneziano con UN VIAGGIO NEL PASSATO ci ha voluto fare dono della realtà siciliana degli anni’50 scolpendo di essa gli aspetti piu’ significativi di ciò che siamo stati.
Biagio Lentini
17-12-2022
Comments are closed, but trackbacks and pingbacks are open.