L’Arcidiocesi agrigentina dà gli orientamenti per i sacramenti dell’iniziazione cristiana

In margine agli “ORIENTAMENTI”  per l’iniziazione cristiana, nell’ Arcidiocesi di Agrigento, ecco cosa ci sentiamo di dire.

Dopo una serie di incontri via telematica con tutti i presbiteri dei  9 vicariati in cui solo da qualche anno è suddivisa l’arcidiocesi,  a cui poi è seguito un incontro specifico con i soli vicari foranei,  è appena stato emanato, a firma dell’arcivescovo coadiutore don Alessandro Damiano (nella foto), un comunicato ufficiale  sugli “Orientamenti”  che tutti gli operatori pastorali (ed in primis i  Parroci) devono tenere presenti,  per  il completamento della preparazione ed essere ammessi a ricevere i sacramenti dell’iniziazione cristiana;  cioè il Battesimo, la prima Confessione e Comunione,  e  la Cresima.

Anzitutto, preliminarmente, è consigliato un atteggiamento positivo di fiducia e di speranza, ancora più necessario con il  protrarsi  dell’emergenza  sanitaria, per essere  più vicini alla gente e  potere meglio sostenere ogni forma di povertà spirituale e/o materiale.

Riguardo poi alla scelta della data, anzitutto si richiede il discernimento da parte del Parroco, che  però non mancherà di ascoltare i catechisti che hanno curato la preparazione e le famiglie, oltre al necessario coinvolgimento “attivo” dei candidati da impegnare durante la preparazione,  anche in esperienze concrete e pratiche sul piano liturgico e caritativo, pur  senza disattendere  le particolari restrizioni del momento a causa dei contagi del coronavirus.

Chiaro allora che,  per quanto possibile, non bisogna limitarsi alla sola catechesi a distanza  via telematica; importante poi, pure  l’intesa  tra  le  parrocchie dello stesso territorio e comunitariamente l’intesa con il Centro Liturgico diocesano.

A  monte di tutto comunque bisogna  evitare che  “la scelta  sia motivata dall’ansia di “recuperare” le celebrazioni sospese”,  a ancora di più  che  sia “condizionata dalla pretesa dei candidati o dalla pressione delle famiglie”.

Insomma, bisogna procedere con senso di   “responsabilità”,  “prudenza” , e sicuramente, – magari con “tempi  e  modalità  diversi  in  base  all’andamento  dei  contagi” –  guardare “ ai  percorsi effettivamente compiuti dalle singole parrocchie”.

Ed infatti alla fine viene letteralmente detto: “Nel massimo rispetto delle norme per il contenimento della pandemia, si prevedano eventualmente più  celebrazioni  per  piccoli  gruppi,  senza  rinunciare  —  per  quanto  possibile  —  alla  dimensione comunitaria,  che  non  si  può  limitare  alla  presenza  di  pochi  familiari.  Per  quanto  ciò  che  avviene prima  e  dopo  la  celebrazione  non  ricada  sotto  la  diretta  responsabilità  dei  parroci,  si  curi  di raccomandare la dovuta prudenza, affinché la lodevole esigenza di festeggiare non diventi — come può ragionevolmente accadere — occasione di contagio”.

Ed a nessuno sfugge la sottolineatura finale  in cui, in maniera sfumata ed elegante, ma chiara e precisa,  si invita a non trasformare la  comprensibile  “lodevole esigenza di festeggiare”, in “occasione di contagio”. Cosa che può accadere e che perciò, proprio perché concretamente possibile,  bisogna far di tutto che non accada.

Tenendo conto di questi orientamenti,  tutti gli operatori pastorali, ed “in primis” i Parroci,  sono sollecitati a dare una risposta alla sfide di questo tempo, sicuramente nella linea di un nuovo modo di essere Chiesa; un nuovo modo  in un contesto sociale di sicuro profondamente cambiato.

Ed in questo senso,  circolano anche diverse recenti  pubblicazioni sul “credere dopo la crisi”;  come  imparare un nuovo modo per parlare di Dio e rapportarci con Lui, in uno stile diverso  di Chiesa,  con un’agenda pastorale diversa, all’insegna di una spiritualità incarnata nella vita di tutti i giorni.

Certamente il ritmo abituale quasi standardizzato della vita ecclesiale pastorale così come è stato  sino ad ora, risulta non solo provocato, che sarebbe il minimo ! ma profondamente sconvolto, e addirittura  annullato.

E quindi la necessità, davvero forse provvidenziale, di ripensare il nostro essere Chiesa.  Con  il ministero specifico di ciascuno,  rileggere  e rivedere la nostra esperienza, in modo da  reinterpretare  ed impostare tutto  in modo  radicalmente nuovo.

Una cosa che umanamente sembra impossibile ! ma che con  l’aiuto, la luce e la forza dello Spirito, che forse avevamo un po’ troppo abbandonato,   ci farà  sentire tutti  impegnati  in uno sforzo umano di fantasia pastorale creatrice, per  ripartire in un modo davvero  del tutto nuovo.

Diego Acquisto

22-4-2021

 

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