Un Leonardo Sciascia quasi inedito, da scoprire nel centenario della sua nascita
La Chiesa agrigentina, ma non solo, fa conoscere un Leonardo Sciascia quasi inedito nel centenario della nascita. E’ quello che va emergendo in questi mesi in cui vengono alla luce notizie interessanti sulla vita, sulla sensibilità umana, spirituale, religiosa e politica del grande racalmutese, scrittore, giornalista, saggista, tra i più grandi del secolo XX e sicuramente tra le menti più lucide, perspicaci, lungimiranti ed indipendenti del secolo scorso, nato a Racalmuto l’8 gennaio 1921, morto a Palermo il 20 novembre 1989, del quale quindi quest’anno ricorre il centenario della nascita.
Alla riscoperta di alcuni aspetti davvero inediti del grande racalmutese, un contributo non indifferente ci sembra che venga dato dal settimanale “L’Amico del Popolo” che nel suo ultimo numero riferisce di una lunga video-intervista di don Antonino Nuzzo, prete dal 1964 della diocesi di Patti, che ha avuto diversi colloqui con Sciascia.
Intanto su L’Amico del Popolo, don Carmelo Petrone (nella foto) parla di Mons. Carmelo Ferraro, che, proveniente allora da Patti (dove per dieci anni era stato vescovo), in terra agrigentina da poco meno di un anno, alla morte dello scrittore ha presieduto il funerale celebrato a Racalmuto nella Chiesa di Maria Ss. del Monte tanto amata da Leonardo Sciascia, come risulta anche dai suoi scritti.
Da dire anche che Mons. Ferraro aveva avuto modo incontrare personalmente Leonardo Sciascia che aveva chiesto di essere ricevuto, accompagnato dall’amico arciprete don Alfonso Puma, di venerata memoria. Non solo ! rendendo visita a Mons. Ferraro, Leonardo Sciascia rimase colpito dal tratto semplice e affabile del Vescovo. All’omelia mons. Ferraro volle sottolineare che Sciascia “…come scrittore aveva costantemente cercato la Verità e si sentì onorato di avere celebrato con il calice d’argento che il professore aveva regalato alla Chiesa del Monte…”.
Ma ritornando a don Nuzzo, si dice che recentemente ha pubblicato un libro dal titolo “I preti e la Chiesa…li vorrei migliori”, con prefazione dell’arcivescovo Ferraro. Che, tra l’altro, nella prefazione scrive “Questo libro racconta un’avventura spirituale, iniziata per un interesse di studio sul pensiero di Sciascia nei confronti dei preti presenti nei suoi libri e che si è sviluppata in un dialogo all’insegna della cordialità, dell’amicizia e della familiarità”. E ancora: “La visita di Sciascia, che ricevetti nel Vescovado di Agrigento, segno della sua cortesia, mi aveva confermato la sua dirittura morale, l’amore per la verità e la passione per l’identità della persona umana. Certe pagine, piene quasi di furore, erano motivate dal vedere il Vangelo stravolto e tradito”.
Un libro allora da leggere, perché c’è proprio tanto da scoprire sulla personalità, forma mentis, sensibilità socio-politico-religiosa del grande scrittore, ricco di grande umanità e magari di tanta umana fragilità. Aspetti tutti che vengono messi in luce in questo periodo, unitamente però anche alla sua grade determinazione di non lasciarsi ingabbiare da nessuna ideologia, pur da deputato al Parlamento nazionale ed a quello Europeo, con il partito Comunista prima e con quello Radicale poi. Per esempio alla morte di Elio Vittorini, in polemica con la direzione del PCI, Leonardo Sciascia scrisse che Vittorini era rimasto solo dopo aver abbandonato il PCI, “non perché gli venivano a mancare i Togliatti ma perché venivano a mancare i Boccadutri”. Ed il riferimento era al favarese Calogero Boccadutri verso cui aveva grande stima, perché durante gli anni più difficili del fascismo era punto di riferimento di un gruppo clandestino antifascista, che Sciascia a Favara frequentava, insieme ad altre personalità di riilevo, come Emanuele Macaluso e Pompeo Colajanni.
Ed a questo punto per conoscere ancora meglio Leonardo Sciascia, dobbiamo dire qualcosa di Favara, città nella quale trovò come moglie, la figlia Maria del maresciallo di Favara Salvatore Andronico, proveniente da Ramacca.
Maria Andronico, come insegnante prestava servizio a Racalmuto e per questo frequentava le zie di Sciascia, anch’esse maestre.
La notizia affidabile che troviamo in note di cronaca favarese è che “quando Leonardo conobbe Maria se ne innamorò perdutamente”, tanto che, nel maggio del 1944, essendo Maria incinta, il matrimonio fu celebrato subito, quasi in clandestinità a Caltanissetta, con la presenza dei soli genitori, dei testimoni e del prete che ha benedetto le nozze.
Da allora frequente la presenza di Leonardo Sciascia a Favara, dove abitava la famiglia Andronico, in via Umberto al civico 167; una casa appartenuta a Felice Bennardo, primo sindaco della città dopo l’Unità d’Italia, dal 1861 al 1862, e passata poi ai suoi discendenti Bellavia e Piscopo-Lanza, e dove c’era una biblioteca ricca di libri, che sicuramente Sciascia, assetato di sapere, non mancò di valorizzare.
Leggiamo sui social quello che scrive un ricercatore favarese affidabile come Pasquale Cucchiara; sulla città di Favara Leonardo Sciascia nella postfazione al libro del grande scrittore favarese Antonio Russello “La luna si mangia i morti”, pubblicata sul quotidiano “L’ Ora” il 2 marzo del 1961, esprime questo giudizio : “Favara ha avuto finora due elementi di notorietà: l’aver per anni mantenuto uno degli indici più alti, in Sicilia, di infrazione del diritto e l’aver dato i natali al professore Gaspare Ambrosini, che del diritto è maestro e ora, in quanto giudice costituzionale, custode. Una vera e propria situazione pirandelliana”.
Anche questo giudizio sulla città, come pure la vicenda del suo matrimonio e le sue amicizie politiche con favaresi, credo che possano contribuire a capire e conoscere meglio Leonardo Sciascia nel centenario della sua nascita.
Diego Acquisto
17-4-2021
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