Ammonimneto profetico trascurato del giudice Livatino
Ne parla Papa Francesco. Proprio così ! parla di un trascurato ammonimento profetico del giudice canicattinese Rosario Angelo Livatino, martire della giustizia, assassinato alla mafia all’età di 38 anni, il 21 settembre 1990.
Un ammonimento riguardante il delicatissimo campo dell’amministrazione della giustizia caduto nel vuoto, con conseguenze assai negative sul piano politico, sociale ed etico della struttura sociale italiana e non solo.
Questo il messaggio recente di Papa Francesco, quasi alla vigilia della data fissata per la beatificazione del giudice, augurandosi che il suo esempio sia seguito, perché fonte e “seme di concordia e di pace sociale”.
Riferendosi agli scritti di Livatino, Papa Francesco sceglie e sottolinea il suo pensiero con questa valutazione: “Livatino è un esempio non soltanto per i magistrati, ma per tutti coloro che operano nel campo del diritto: per la coerenza tra la sua fede e il suo impegno di lavoro, e per l’attualità delle sue riflessioni”]. E ancora: “L’attualità di Rosario Livatino è sorprendente, perché coglie i segni di quel che sarebbe emerso con maggiore evidenza nei decenni seguenti, non soltanto in Italia, cioè la giustificazione dello sconfinamento del giudice in ambiti non propri, soprattutto nelle materie dei cosiddetti “nuovi diritti”, con sentenze che sembrano preoccupate di esaudire desideri sempre nuovi, disancorati da ogni limite oggettivo”.
Papa Francesco ha manifestato questo suo pensiero sul giudice canicattinese, nella prefazione alla nuova recentissima biografia data alle stampe in questi giorni dall’arcivescovo di Catanzaro-Squillace, di provenienza agrigentina perché nativo di S. Biagio Platani, Mons. Vincenzo Bertolone.
Una biografia su Livatino che viene valutata molto positivamente da molti; una biografia giudicata un commovente e documentato lavoro dal titolo “Rosario Angelo Livatino, dal “martirio a secco” al martirio di sangue”. E quella del Papa una “ prefazione attualizzata e di monito a chi amministra la legalità e la giustizia”.
E Rosario Angelo Livatino (3 ottobre 1952-21 settembre 1990) […] era un giudice di Canicattì venuto in odio, per la sua coerenza cristiana e professionale, agli uomini delle mafie che dominavano nel territorio siciliano negli anni Ottanta del secolo scorso; e per questo eliminato tragicamente da giovani sicari della Stidda e di Cosa nostra.
L’espressione del Papa che interpretando Livatino parla di “sconfinamento del giudice in ambiti non propri”, oltre che sul piano dei “cosiddetti “nuovi diritti”, cosiddetti civili, che ad alcuni Partiti hanno fatto proprio dimenticare o mettere assai in secondo piano, specie in Italia, quelli della giustizia sociale con aumento incredibile delle fasce di povertà durante gli anni del loro governo, fa poi inevitabilmente pensare al colore politico di quei magistrati, che secondo quello che viene ampiamente pubblicato in questi giorni, si sarebbero mossi per interesse di parte.
Uno sconfinamento a cui, (chissà !) , forse Livatino direttamente forse non riteneva possibile ed a cui forse non pensava, anche se è sua la frase fortemente ammonitrice – (ed a questo punto profetica!) – che “il giudice oltre che essere, deve anche apparire imparziale”.
Una frase questa di Livatino, diventata ormai famosa. E che viene ricordata proprio in questi giorni, nei quali domina anche sulla stampa il problema della riforma della giustizia in Italia.
Una riforma a cui sembrano veramente ormai seriamente interessate tutte le forze politiche di qualsiasi colore, dato che la nostra meravigliosa Costituzione Repubblicana dice che il potere giudiziario deve essere assolutamente indipendente e per niente e nulla frammisto al potere politico. E quindi devono essere severamente puniti quanti avessero osato praticare una giustizia di parte.
Diego Acquisto
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