NOBILE ed ALTO MESSAGGIO della COMUNITA’ ECCLESIALE di CANICATTI’
Ringranziando il Presbiterio locale di Canicattì, volentieri pubblico e rilancio da questo sito il messaggio che giudico nobile ed alto……in sintonia con quanto da noi in precendenza affermato di considerarre un dono grande “la santità del giovane magistrato Rosario Livatino, un dono grande per la Chiesa Agrigentina e non solo…..”.
Nel COMUNICATO molto significativo l’interrogativo che viene proposto a tutti gli uomini di buona volontà di Canicatti e non solo: “Che devono, dunque, fare i cristiani nella polis, oggi?” …… “In una polis – ( e qui posssiamo leggere ed inserire tutti o quasi i Comuni di questa nostra martoriata terra agrigentina….) preda della mafia, che corrompe, che condiziona e soffoca l’economia, che altera e prevalica le relazioni. È cronaca recentissima come la nostra città è ancora assalita e preda della mafia; una polis in balia del malcostume, della droga, del gioco di azzardo, di cronici deficit. Una polis che è luogo dell’umano e, quindi, luogo teologico…..”.
Ecco il testo completo:
10-02-2021
Comunità Ecclesiale di Canicattì
COMUNICATO
Testimoni della fede: il coraggio di essere Cristiani
La Comunità Ecclesiale di Canicattì, insieme e concordemente alla Chiesa diocesana, loda il Signore per il dono della vita di Rosario Angelo Livatino, il cui martirio in odium fidei è stato riconosciuto dell’amato papa Francesco. Questa lieta notizia conforta e scalda i cuori credenti, incoraggia il proseguimento del cammino di fede lungo le strade della vita e della storia. Il riconoscimento del martirio del nostro concittadino giunge come benedizione abbondante ed efficace durante il mandato episcopale del Vescovo Francesco Montenegro, nostro pastore. L’”Angelo della Chiesa” che è in Agrigento trovi consolazione nel sacrificio dell’annuncio del Vangelo e nel servizio alla Chiesa universale, sapendo che la fatica non è vana nel Signore (cfr 1 Cor 15,58). E ancora! La Grazia in questa stagione straordinaria è sovrabbondante, perché il cammino della Chiesa diocesana è sostenuto dal Vescovo coadiutore Alessandro. La inedita presenza dei due Vescovi ci rammenta la fraternità, lo sforzo di unità nella diversità, la via della sinodalità e della corresponsabilità, il “noi” plurale ecclesiale e sociale, la autorità episcopale che guida il popolo. Seguendo il Concilio, che ci invita a leggere i segni dei tempi, la Chiesa di Agrigento è chiamata a far risuonare in “coro” e con rinnovata forza il Vangelo, che si propaga per la presenza dello Spirito Santo che suscita i santi. E la Comunità Ecclesiale di Canicattì – tralcio della Vigna del Signore -, memore e forte della tradizione umana e cristiana della città, dalla propria identità evangelica e culturale, è chiamata per prima ad essere testimone del futuro beato nella vita della Chiesa e nella società civile. Mentre il giudice Livatino è un beato con la palma del martirio, suppliziato nella persecuzione mafiosa che infuria in Sicilia, tutti noi, rimasti in vita, siamo chiamati a rendere pubblica ed evidente la testimonianza evangelica. La nostra comunità, nel vantarsi di essere la culla delle fede di Rosario Livatino, deve assumere il “dolce peso” di essere martyrium, segno della vita e del sacrificio del beato Magistrato. La regola laicale del Giudice Livatino deve essere la scelta quotidiana di ognuno, di una radicale sequela di Cristo. Saranno testimoni le nostre comunità parrocchiali, chiamate a dare ragione della speranza e della carità; lo saranno i presbiteri, le religiose e i religiosi, i diaconi, i gruppi, i movimenti, gli educatori, i catechisti, che sono la ricchezza dello Spirito Santo; testimoni saranno le famiglie, i singoli che risplendono della luce di Cristo con tutta la loro personalità; testimoni lo saranno le donne e gli uomini di buona volontà che, riconoscendo in Rosario Livatino l’uomo dalle virtù eroiche, ne imitano il modello esistenziale. Oggi più che mai, come credenti, siamo chiamati a dare sempre di più un carattere pubblico e testimoniale alla nostra esperienza di fede: nel senso che l’esperienza di fede non può essere relegata nel privato, come un accadimento personale ed intimistico.
Questo atteggiamento sembra essere una forma di compromesso della modernità, dell’individualismo imperante. Con Giuseppe Lazzati tutti e ciascuno dovremmo chiederci: “Che devono, dunque, fare i cristiani nella polis, oggi?” Una polis preda della mafia, che corrompe, che condiziona e soffoca l’economia, che altera e prevalica le relazioni.
È cronaca recentissima come la nostra città è ancora assalita e preda della mafia; una polis in balia del malcostume, della droga, del gioco di azzardo, di cronici deficit. Una polis che è luogo dell’umano e, quindi, luogo teologico.
In questa polis siamo chiamati alla diaconia politica. In questa missione invochiamo la intercessione del novello beato Rosario Angelo Livatino, coltivando l’idea e il proposito di poterlo invocare come co-protettore della città.
Con gli omicidi del giudice Antonino Saetta e del figlio Stefano, del giudice Livatino, e con tutte le stragi e con tutto il sangue versato (anche quello degli stessi mafiosi) si è avuta l’impressione che il mondo sia in balia dei forti e dei potenti, ma la “buona notizia” del Vangelo sta nel far vedere come, nonostante la prepotenza e la violenza dei dominatori terreni, Dio trovi sempre il modo per realizzare il suo piano di salvezza. Anche la nostra vita a volte sembra in balia dei poteri forti, ma il Vangelo ci dice che ciò che conta, Dio riesce sempre a salvarlo, a condizione che usiamo lo stesso coraggio creativo del carpentiere di Nazaret, il quale sa trasformare un problema in un’opportunità anteponendo sempre la fiducia nella Provvidenza. Se certe volte Dio sembra non aiutarci, ciò non significa che ci abbia abbandonati, ma che si fida di noi, di quello che possiamo progettare, inventare, trovare. (Patris Corde, n. 5). Un pensiero di suffragio per i genitori di Rosario Livatino, che hanno patito ai piedi della Croce di Cristo per la morte dell’adorato, unico figlio; Attendiamo nella preghiera, impegnandoci in un fioretto, il giorno della beatificazione, annunciato dai Vescovi per il 9 maggio prossimo venturo, in occasione della felice memoria della presenza di Giovanni Paolo II tra noi, che sarà celebrata nella venerabile e gloriosa Cattedrale di Agrigento. Vero e proprio talamo per la sposa e lo Sposo, la basilica Cattedrale è il luogo dove il Vescovo solennemente incontra il popolo, dove il Pastore consuma il sacrifico e lo offre al Padre, ubi Episcopus, ibi Ecclesia. San Gerlando, la cui festa sarà il 25 febbraio prossimo, ci ricorda che dobbiamo riconvertirci, dobbiamo ritornare a Cristo, seguendo la via dei santi. Affidiamo questa attesa a Maria Immacolata, mettiamo la nostra vita e quella della comunità Sub Tutela Dei.
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Livatino Beato: Lettera degli arcivescovi Montenegro e Damiano alla Comunità Ecclesiale di Canicattì
In data 21 gennaio 2021, l’Arcivescovo di Agrigento, card. Francesco Montenegro e l’Arcivescovo Coadiutore, mons. Alessandro Damiano, hanno indirizzato, alla Comunità di Ecclesiale di Canicattì, una lettera che di seguito pubblichiamo.
LETTERA ALLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI CANICATTÌ
La beatificazione del Servo di Dio Rosario Angelo Livatino costituisce per l’intera comunità diocesana un segno inequivocabile della predilezione del Signore per la nostra terra, che San Giovanni Paolo II — nella sua storica visita — ha definito «madre di menti eccelse e di cuori generosi». La decisione del Santo Padre Francesco di riconoscerne pubblicamente la santità lo inscrive a pieno titolo tra i figli eletti di questa Chiesa, i quali — in una storia tristemente segnata da logiche e interessi estranei al Vangelo — l’hanno edificata nel bene e nella giustizia, diventando «sale della terra» e «luce del mondo» (Mt 5,13.14) secondo lo stile delle beatitudini evangeliche.
Tale privilegio, di natura esclusivamente ecclesiale, espropria colui che ne viene insignito da ogni appartenenza locale per consegnarlo alla Chiesa universale e al mondo intero, quale esempio di santità per tutti: una santità che certamente si radica nel proprio contesto originario, ma che — soprattutto in alcuni casi — eccede i confini di un luogo circoscritto per assumere dimensioni ben più vaste. Questo vale in modo eminente per il Giudice Livatino.
Da un punto di vista strettamente biografico, diversi sono gli elementi che lo collocano in una prospettiva extraterritoriale. La sua scelta di esercitare la professione forense all’interno della pubblica amministrazione lo ha condotto ad assumere diverse cariche istituzionali in ambito provinciale, prima nel Tribunale di Caltanissetta e poi in quello di Agrigento. E in territorio agrigentino ha sigillato la sua testimonianza con il martirio, proprio mentre si recava a svolgere il suo lavoro di magistrato.
Ma è soprattutto per la valenza simbolica del suo singolare profilo di uomo, di cristiano e di santo, che il prossimo Beato si inserisce in un orizzonte molto più ampio di quello circoscrivibile alla sua città natale. In lui la professione della fede e l’annuncio del Vangelo si concretizzano in un modello inedito di santità, senza precedenti nella storia della Chiesa. Sarà infatti il primo magistrato laico, impegnato in prima fila nella lotta alla mafia, a essere proclamato Beato e Martire, per di più in un periodo storico dell’Italia, dell’Europa e del mondo particolarmente caratterizzato da profonde crisi dei valori, delle coscienze, delle istituzioni.
Per queste ragioni, come abbiamo rappresentato al Sindaco e al Presidente del Consiglio Comunale di Canicattì , «la cosiddetta “sepoltura privilegiata” nella Basilica Cattedrale — riconosciuta dalla tradizione ecclesiale come la Chiesa Madre della Diocesi — sarebbe auspicabile e preferibile, visto che la riconosciuta santità del battezzato diventa dono per tutta la Chiesa, sia particolare sia universale. […] Considerato, inoltre, l’interesse riservato al prossimo Beato in ambito nazionale e internazionale, la custodia delle reliquie nella Cattedrale di Agrigento garantirebbe alla sua memoria una maggiore visibilità, non solo logistica, ma anche […] simbolica».
Nel pieno rispetto delle comprensibili aspettative e delle legittime richieste avanzate dalla comunità canicattinese, dobbiamo constatare con profonda amarezza che i toni e lo stile della controversia in merito all’eventuale traslazione delle spoglie mortali del Giudice Livatino in Cattedrale non si addicono né al momento (che dovrebbe essere l’occasione di una gioia condivisa con tutta la Chiesa) né alla circostanza (data la natura tipicamente ecclesiale della questione). Di certo, non fanno onore alla memoria del Servo di Dio né danno una buona testimonianza a chi, da tante parti dell’Italia e del mondo, ha gli occhi puntati su di noi in vista della sua beatificazione.
Quello che doveva essere un confronto sereno e leale per individuare la collocazione più adeguata al prossimo Beato sta degenerando in una pretesa unidirezionale e, in alcune manifestazioni, sta scadendo nell’insulto, nella polemica, se non addirittura in una vera e propria campagna denigratoria contro la Chiesa Agrigentina e contro il suo Pastore.
Ci duole riconoscere che tutto questo denota la mancanza di un profondo senso di appartenenza, che dovrebbe farci considerare tutti parte di un’unica famiglia, capace di condividere — seppure a diverso titolo in base alle rispettive competenze — un “bene” che per nessuna ragione può ritenersi di alcuni, in quanto è di tutti e per tutti.
Ci auguriamo che, in coscienza, chi ha esagerato nel parlare abbia l’umiltà di riconoscerlo, la saggezza di ravvedersi e la disponibilità ad aprirsi a un dialogo costruttivo, perché una pace ricomposta e un’intesa ritrovata ci aiutino a indirizzare i legittimi eredi verso la decisione più idonea, che dovrà tenere in conto i criteri oggettivamente più validi e dovrà infine ricevere il consenso della Congregazione delle Cause dei Santi.
A tutti assicuriamo la nostra paterna benevolenza e su tutti invochiamo — per intercessione dell’eletto Beato Rosario Angelo Livatino — la benedizione e la consolazione del Signore.
Agrigento, 21 gennaio 2021
+Francesco Card. Montenegro
Arcivescovo
+ Alessandro Damiano
Arcivescovo Coadiutore
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