A proposito di un libro sulla Sicilia del passato “Asini Preti Cantastorie….” … quando Racalmuto era “la piccola Palermo”
“Asini Preti Cantastorie in Racalmuto, la piccola Palermo”—–Penso che non solo i cittadini di Racalmuto, ma tutti i siciliani che amano la loro terra e le loro tradizioni debbano leggere il libro di Salvatore Campanella “Asini Preti Cantastorie in Racalmuto, la piccola Palermo”, edizione Armando Siciliano, per tuffarsi in un passato che appartiene a tutti noi e che non possiamo assolutamente perdere.
La Sicilia raccontata in questo libro, corredato da rare foto d’epoca inedite, non esiste più se non nella memoria dei più anziani. Eppure c’è la civiltà contadina, il lavoro in campagna, le serenate, l’emigrazione, la scuola, le maestre, le feste principali, la fortuna di vivere in un piccolo paese dove ci si conosce tutti e dove la vita scorre serena e la piazza e le strade danno il senso della comunità e della vita stessa. Un libro prezioso, che riporta moltissimi episodi inediti di microstoria e illumina dettagli su personaggi come la maestra Taibi, i sacerdoti Casuccio e Arrigo, l’inventore dei taralli, Piuzzu Lo Bue.
Il testo è stato presentato il 6 agosto a Racalmuto presso la Fondazione Sciascia in una sala gremita e attenta.
I lavori sono stati curati con professionalità dall’assessore alla cultura e scrittore Enzo Sardo. Ha relazionato Lia Lo Bue, Presidente dell’omonimo Centro Culturale sito in Racalmuto e scrittrice, che ha colto le sfumature, ha analizzato i temi di fondo del libro. Il sindaco Vincenzo Maniglia ha introdotto i lavori precisando che questa pubblicazione permette ai cittadini di Racalmuto di ricostruire la propria identità e fa rivivere momenti e personaggi storici che altrimenti sarebbero stati dimenticati. Le letture sono state curate con attenzione nei passaggi interpretativi dal giovane Giulio Seminerio.
Angelo Campanella, figlio dell’autore, ha raccontato la genesi del libro:“Prima ho avuto da mio padre un quaderno, poi altri e nel giro di pochi mesi gli appunti sono diventati un libro arricchito da fotografie storiche di Racalmuto”.Questa testimonianza mi ha ricordato la storia del testo di Tommaso Bordonaro “La Spartenza”, che è nato da un quaderno di appunti finito nelle mani dello scrittore di Bolognetta Santo Lombino poi pubblicato dalla Casa Editrice Einaudi fortemente voluto dalla scrittrice Natalia Ginzburg.
Il momento più toccante è stato quando Salvatore Campanella con voce commossa ha ringraziato tutti i partecipanti. Riporto uno stralcio del suo intervento: “Io descrivo i personaggi non per sottolinearne la bontà o la cattiveria, ma voglio che sia il lettore a giudicare. Non sono uno scrittore, ma un racalmutese che ama il suo paese e le sue tradizioni. Il libro riguarda il periodo nero del dopoguerra e racconta il passaggio da una società rurale e contadina a una società tecnologica. Sono stato testimone di questo rivoluzionario cambiamento. Un popolo che costruisce qualcosa di nuovo senza tenere conto dell’esperienza del passato è come se costruisse un palazzo senza fondamenta. Oggi soffriamo perché ci manca il superfluo, negli anni 50 si soffriva perché ci mancava l’essenziale.”
Dalla quarta di copertina: “Tutto quello che ho lasciato non esiste più. Abbiamo perso anche la voglia di lavorare e creare”.
Il libro alla sua prima presentazione ha avuto un grande successo e molti racalmutesi hanno voluto una dedica da parte dell’autore, essendo già stata esaurita la prima edizione del libro, una ristampa sarà disponibile in libreria a partire dal 30 agosto.
Giuseppe Maurizio Piscopo
24-8-2020
Nota di Diego Acquisto
Scusate se mi inserisco, tra “cotanto senno”, affermazione sincera che mi viene subito in mente, senza voler fare ironia…….per aggiungere solo qualche notizia, come contributo anche di precisazione che può servire ad arricchire meglio la conoscenza del passato. in cui ci sono le nostre radici e la nostra identità.
Il titolo dato a suo tempo ed adesso riproposto, anche con la sola collocazione della parola Asini accanto a quella di Preti, …. mi pare artificiosamente provocatorio, forse unicamente per colpire la sensibilità di oggi e quindi per attirare l’attenzione o (forse meglio) più attenzione, su una materia che comunque, sicuramente – a mio giudizio – al di là della possibile preoccupazione, merita invece davvero attenzione per conoscere meglio le nostre radici….anche in quel periodo quando la Chiesa, sempre incarnata nel tempo e nello spazio, oltre a preti di comune cultura ed alcuni magari assai dotti, aveva e tollerava preti con una cultura raffazzonata alla meglio….
E quindi c’erano preti a cui non si concedeva lo “ius concionandi” o forse meglio, come ho trovato scritto in uno dei primi libretti che la Curia mi ha rilasciato ben otre cinquant’anni fa….”facultas concionandi“, cioè il diritto o meglio facoltà di predicare….. dovendosi limitare a “dire” (celebrare) solo Messa……..
Nel libretto che mi è capitato tra le mani acuni anni fa…..a me si dava latriplicce facoltà……di celebrare…..di assolvere…….di predicare……in tre paginette distinte….tutte e tre firmate dll’Ordinario Diocesano.
Nella Messa – come è bene sapere – tutto il mistero si compie ed avviene “ex opere operato”, cioè indipendentemente non solo dalla scienza del Ministro, ma anche dalla sua personale santità o dello stesso suo personale stato di grazia……
La Chiesa, umana e divina ad un tempo, si incarna sempre nel tempo e nelle situazioni, imitando il suo divino fondatore che utilizzò e si servì di dodici uomini, poveri pescatori ed operai, con la cultura e la sensibilità di quel tempo, nel contesto galileo-giudaico che sopportava la dominazione romana …..
E quello descritto nel libro e dai cantastorie, era un tempo assai diverso da quello di oggi e dalla stessa sensibilità di oggi …. era il tempo in cui cioè, – mi pare che si dicesse allora comunemente dal popolo – c’erano i “Parrini burduna“, o più signorilmente “Parrini missara….”… i preti cioé solo da Messa …..
Il che era quanto dire circa la loro cultura ……
Ma tra questi nominati, qualcuno dei quali ho personalmente conosciuto, come l’arciprete mons. Giovanni Casuccio, – (che mi pare non sia giudicato del tutto negativamente da Leonardo Sciascia, anzi…rispetto ad altri, di stampo moderno…!) – non era sicuramente….. “parrinu missaru“……..
Non so proprio se addirittura il Casuccio, (al funerale del quale, presieduto dal Vescovo Bommarito nella Chiesa Madre di Racalmuto, io ho concelebrato…) , avesse nel suo tempo completato gli studi teologici nel Collegio dei Santi Agostino e Tommaso, cioé in una di quelle stanze del prospetto del Seminario di Piazza don Minzoni ad Agrigento, riservate agli studenti di teologia più bravi e brillanti, che dovevano superare per questo un concorso interno, ma mano che si rendevano libere alcune stanze.
Stanze che già, ai miei tempi, cioé all’inizio degli anni ’50, servivano invece già da tempo, solo per l’alloggio dei professori del Seminario….
Ed oggi, (appena da qualche anno, con l’arcivescovo, card. Montenegro) sono diventati i locali dei vari Uffici della Curia, in conseguenza della dichiarata inagibilità di quelli che da sempre erano stati i locali della Curia in via Duomo, accanto al Palazzo Vescovile.
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