Ritiro spirituale in Cattedrale del Clero agrigentino
In margine al ritiro spirituale del Clero agrigentino. Ritiro che si è tenuto in Cattedrale, a cui hanno partecipato diversi diaconi permanenti ed oltre cento presbiteri diocesani, con l’aggiunta di una certa rappresentanza dei religiosi, tutti comunque provenienti dai vari Comuni dell’agrigentino.
Un ritiro spirituale programmato, in un periodo e mese insoliti, con tutti gli accorgimenti previsti dalla pandemia coronavirus, in preparazione al particolare evento che la Chiesa agrigentina si prepara a vivere il prossimo 5 settembre, con l’ordinazione episcopale di mons. Alessandro Damiano, del clero della Chiesa di Trapani, nominato da Papa Francesco arcivescovo coadiutore, con diritto di successione, di don Franco Montenegro.
A suggerire la riflessione, all’interno e nel contesto della maestosità della nostra Cattedrale di S. Gerlando, è stato il Vescovo di Trapani, S.E. Mons. Pietro Maria Fragnelli. (nella foto)
Il Quale, come già nel primo annuncio a Trapani lo scorso 30 aprile, nel corso della sua riflessione, non ha mancato ancora di fare riferimento al vescovo favarese Filippo Iacolino, che per la Chiesa di Trapani ha sacrificato la sua vita, lasciando una lunga scia di bene ed un ottimo ricordo del suo spirito di povertà e semplicità.
Mentre adesso, Dio sta permettendo un “misterioso scambio” con Mons. Alessandro Damiano che, subito affiancando il nostro don Franco, sarà successivamente il pastore che raccoglierà il testimone guidando la Chiesa Agrigentina.
Tempo quindi attesa, così come la parabola del Vangelo del giorno, delle dieci vergini, cinque sagge e cinque stolte, che attendono lo sposo che tarda a venire per entrare con Lui alle nozze.
Parabola questa che, oltre a tante altre importanti annotazioni di carattere culturale, offre al vescovo Fragnelli lo spunto anche per opportune riflessioni per un fruttuoso esercizio oggi del ministero diaconale e presbiterale.
E ciò, per tendere sempre non ad una spiritualità di “tipo moralistico”, quanto a coltivare e far crescere una grande ansia di verità, sempre accompagnata da desiderio sincero di fraternità e giustizia, in questa nostra terra agrigentina segnata da grandi personalità della cultura che hanno vissuto e descritto la particolare sensibilità del territorio, come Pirandello e Sciascia.
Il prete oggi, sveglio nella fede, vivendo l’attesa, anche quando lo Sposo tarda a venire, trasmette la sua comprensione della predilezione di Dio, interrogandosi anche per il ritardo dello Sposo e per il modo come si vive questo ritardo che genera crisi, nella vigilanza che sa attendere, guardando al di là del piccolo orizzonte temporale nella dimensione escatologica, che è davvero la sfida di oggi come lo fu per le prime comunità cristiane.
E lo specifico della tradizione e cultura cattolica è la custodia della vita comunitaria, da vivere come attesa.
Già, la spiritualità dell’attesa ! in un momento in cui anche per motivi vari particolari, facilmente anche comprensibili, l’attesa non è un atteggiamento popolare, e la maggior parte della nostra gente considera l’attesa una perdita di tempo.
D’altra parte la cultura nella quale viviamo ci spinge continuamente a fare, senza perdere tempo, considerando l’attesa come qualcosa di molto passivo.
E qui la pazienza dell’attesa biblicamente intesa, vissuta e gustata come uno spartito musicale da interpretare, capire, gustare nell’ansia, così come suggeriva Carlo Carretto.
Per questo, attualissimo – concludeva Fragnelli – il monito di Papa Francesco che non manca di richiamare presbiteri e vescovi alla santità, considerandosi peccatori perdonati, anche per divenire davvero strumenti di misericordia e di perdono.
Diego Acquisto
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