“Lo dico ai responsabili: Convertitevi ! Una volta , un giorno, verrà il giudizio di Dio !”
Quel grido finale nella Valle dei Templi di Giovanni Paolo II del 9 maggio 1993—-“Dio ha detto una volta: non uccidere ! Non può l’uomo, qualsiasi, qualsiasi umana agglomerazione, mafia, non può cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio !
Questo popolo, popolo siciliano, talmente attaccato alla vita, un popolo attaccato alla vita, un popolo che ama la vita, che dà la vita, non può vivere sempre sotto la pressione di una civiltà contraria , civiltà della morte. Qui ci vuole la civiltà della vita ! Nel nome di questo Cristo Crocifisso e risorto, di questo Cristo che è vita, via, verità e vita. Lo dico ai responsabili: Convertitevi ! Una volta , un giorno, verrà il giudizio di Dio !”
Un messaggio ed un grido per tutti! ed alla fine direttamente rivolto ai responsabili, e soprattutto ai boss della mafia, proprio a conclusione dei due giorni di presenza in terra agrigentina, del grande Pontefice Santo Giovanni Paolo II.
Un grido che proprio oggi vogliamo ricordare esattamente a 27 anni di distanza e per questo lo abbiamo voluto trascrivere integralmente e non solo nella parte finale.
Quel grido che ha fatto il giro del mondo scuotendo le coscienze !
Quel grido che soprese anche chi scrive, trovandosi allora a pochi metri di distanza e che quindi ha potuto anche raccogliere qualche sensazione al vivo delle persone vicine, e che magari con qualche parola commentavano l’atteggiamento del volto del Papa visibilmente teso…con tono alterato di voce ! in in un improvviso clima di crescente tensione che faceva chiaramente capire che quel grido al Papa gli sgorgava proprio dal cuore.
E accanto al Papa, da un lato c’era il vescovo Mons. Carmelo Ferraro, del quale oggi va in cronaca un suo personale ricordo di quella straordinaria presenza in terra agrigentina, mentre dall’altro lato c’era il Cardinale di Palermo Salvatore Pappalardo. Che, ultimo, poco più di quattro mesi dopo avrebbe presieduto i funerali del Parroco di Brancaccio Padre Pino Puglisi. Durante i quali, in consonanza ideale con quel grido papale, avrebbe ancora ricordato che “chi è mafioso si pone da solo fuori dalla Chiesa” perché “non basta per dirsi cristiano imbottirsi le tasche di santini”.
Ciò con evidente riferimento a quei boss, le cui tasche, dopo l’arresto erano state trovate piene di immaginette della Madonna e di Santa Rosalia.
“Questo ‑ precisava il cardinale ‑ faceva intendere Don Puglisi e fu proprio tale catechesi, proposta particolarmente ai giovani, a non essere gradita” ed a provocare la sua barbara eliminazione, di un sacerdote dedito specialmente alla pastorale giovanile, educando.
E sempre il Card. Pappalardo, in altra occasione, sempre in occasione di funerali di mafia, durante i quali – per esempio – già nel 1982, per il funerale di Carlo Alberto Dalla Chiesa aveva parlato di “Sagunto espugnata, mentre a Roma si discuteva”, così come Palermo che in questo caso era Sagunto.
E dopo il famoso grido papale del 1993, in occasione di altri funerali di morti per mafia, ricordando quel grido nella Valle, così ha avuto modo di ricordare quel grido papale, proprio Lui che era accanto al Papa: “Fui contento e grato quando la voce del Santo Padre si levò a confermare e rafforzare quanto i vescovi di Sicilia, da tempo, dicevano e scrivevano, sull’irriducibile contrasto tra le azioni dei mafiosi e il dettato della Fede e della prassi cristiana, richiamandoli non a un pentimento strumentale ma a una vera “conversione”.
Parole anche queste che credo siano oggi pure da richiamare alla memoria , mentre l’opinione pubblica, proprio in queste ore, assiste sgomenta all’aspra polemica in corso sulla concessione degli arresti domiciliari a pericolosissimi boss mafiosi.
Che non per spirito di vendetta, ma perché i diritti della giustizia devono essere pienamente tutelati, la gente comune a grande maggioranza fa bene a non approvare.
E forse è necessario precisare che la conversione a cui vengono invitati i mafiosi, non prescinde dall’accettazione della giustizia umana.
Anzi, pur nell’auspicabile pentimento, si devono accettare le pene, come segno anche di autenticità dello stesso e di sincero desiderio di riconciliazione con la collettività.
Diego Acquisto
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