Auguri natalizi dell’Arcivescovo, card. Francesco Montenegro…con l’aggiunta, a seguire,  di una nostra riflessione.

Natale 2019: pubblichiamo il testo diffuso dalla Curia, degli auguri alla Chiesa e al territorio agrigentino, dell’Arcivescovo, card. Francesco Montenegro  ……con l’aggiunta, a seguire,  di una nostra riflessione.

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“L’arrivo del Natale sollecita in tutti il desiderio di raggiungere le persone care e di indirizzare loro sentimenti e parole di augurio. Come Pastore della chiesa agrigentina ho il piacere di affidare a queste righe qualche pensiero semplice che spero raggiunga tutti e serva a vivere le festività natalizie nel modo più autentico. Vorrei prendere spunto da quanto ho già consegnato a tutta la diocesi nella Lettera Pastorale di qualche settimana fa. Il titolo mi era suggerito dal brano evangelico dell’incontro di Gesù con Nicodemo: “Per una rinascita dall’alto”. Guardandomi attorno e osservando ciò che sta accadendo nel nostro territorio mi sembra che queste parole siano quanto mai appropriate per farci gli auguri. Vi confesso, da subito, una certa perplessità anche solo a pronunciare la parola “auguri” visto il momento difficile che stiamo attraversando. Non rischiamo di dire o scrivere cose retoriche? Che senso ha parlare di festa in un momento in cui la crisi economica morde drammaticamente migliaia di famiglie per la mancanza di lavoro o per altre gravi problematiche? Probabilmente, mentre vi scrivo, in tanti stanno preparando i loro pacchi perché hanno deciso di partire già i primi giorni del nuovo anno. E noi qui a farci gli auguri? Ha senso? E’ giusto? Me lo chiedo. Da uomo e da credente penso che nei momenti più difficili è doveroso il silenzio per rispettare tutti coloro (e purtroppo sono tanti) che non riusciranno a fare festa o a sentirsi coinvolti in un clima gioioso. Per questo motivo sento il bisogno di chiedere scusa se qualcuno avvertirà come inopportune le parole che sto scrivendo. Spero che ciò non accada perché desidero per questa chiesa e per questo territorio agrigentino qualcosa che può stare a cuore a tutti: una rinascita dall’alto; cioè uno scatto di speranza, un rinnovamento di mentalità, un sobbalzo di sano orgoglio, una voglia insanabile di riscatto. Penso che questo sia l’augurio più bello che ci possiamo fare. Abbiamo bisogno di scuoterci tutti da un torpore che sembra calato in modo impietoso sulle nostre città. Ovunque si colgono i segnali di una grave depressione sociale, di una preoccupante stagnazione economica, di una rassegnazione diffusa che spinge a gettare la spugna. A tutto ciò dobbiamo reagire. Il ricordo della nascita del Bambino Gesù in una notte buia di oltre duemila anni fa, in una stalla angusta e puzzolente ci deve rafforzare nella certezza che non ci sono contesti sociali, momenti bui, fasi critiche in cui Dio non possa nascere. E se permettiamo a Dio di nascere nel profondo della nostra vita allora conosceremo una rinascita dall’alto e troveremo la forza di affrontare la notte, di reagire a tutti coloro o a quei sistemi di pensiero che ci vogliono far rimanere nelle tenebre, di tirare fuori il coraggio che serve per dire a noi stessi e agli altri che non è finita e che non ci stancheremo di lottare. Rinascere dall’alto non vorrà dire pretendere che i problemi si risolvano dall’oggi al domani ma avere un atteggiamento diverso, una volontà più forte, un coraggio più marcato per affrontarli. Prima e subito dopo la nascita del bambino Gesù, Maria e Giuseppe non hanno avuto vita facile: sono scappati in Egitto e poi si sono dovuti trasferire a Nazareth. Hanno affrontato viaggi e peripezie, rifiuti e incomprensioni. Ma hanno lottato, hanno intrapreso con forza il loro cammino e sono andati fino in fondo a testa alta. Penso che come agrigentini viviamo in una condizione simile e come loro dobbiamo rimboccarci le maniche e guardare al cammino che ci sta davanti. Nei discorsi finali della sua vita pubblica Gesù, dopo aver parlato ai suoi delle cose terribili che sarebbero accadute negli ultimi tempi, così si esprime: “Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina” (Lc 21,28). Ecco, forse potremmo provare a tradurre meglio il nostro augurio attraverso queste parole di Gesù: “risollevatevi e alzate il capo”. In mezzo alle difficoltà di questo nostro tempo – da quelle sociali a quelle economiche, da quelle morali a quelle familiari o spirituali – l’atteggiamento che dobbiamo mantenere è quello di chi non si stanca di guardare in alto, di indirizzare occhi e cuore laddove più sicura è la sorgente della speranza. Penso che abbiamo tutti bisogno di rialzare il capo e di immaginare una rinascita dall’alto proprio come scelta di chiesa e di popolo che non vuole abbassare la schiena di fronte a difficoltà o ingiustizie ma sceglie di trovare, ancora una volta, nell’indifeso Bambino di Betlemme, la forza di dignità e di coraggio per fissare lo sguardo verso il Cielo e riprendere in modo più deciso il cammino che lo attende. Questo ci porterà a reagire positivamente di fronte ai mille problemi del nostro territorio e a individuare delle buone prassi per sperare che la situazione migliori. Forse, se intraprenderemo la rinascita dall’alto, troveremo il coraggio di aiutare chi è caduto nella dipendenza da gioco d’azzardo (e magari si è indebitato drammaticamente a forza di entrare nelle sale gioco), o chi non riesce a uscire fuori dall’uso di sostanze o di alcool. Rinati dall’alto sapremo indirizzare parole equilibrate a chi vive crisi familiari o di coppia, riusciremo a dire che l’amore può rifiorire anche dopo una tempesta; sapremo reagire a chi ancora pretende di tenerci con il cappio al collo chiedendoci di pagare pizzo o chi si approfitta di una posizione di forza. Rinati dall’alto impareremo a guardare con carità ogni fratello immigrato pensando che siamo tutti fratelli e, in particolare noi siciliani, siamo un popolo di emigranti, di gente che sa cosa vuol dire scappare di casa per un pezzo di pane. E se proviamo a vedere così il Santo Natale, spogliandolo finalmente di tutto ciò che è inutile e superfluo, allora sarà per tutti e per ciascuno un “vero” Natale. Sarà uno di quei momenti di sosta in cui fare il pieno di speranza e di bene, recuperando la bellezza dei rapporti familiari, gustando lo stare insieme come elemento di forza per ripartire con maggiore entusiasmo e armonia. Spero, allora, che per tutti e per ciascuno sia un vero Natale; ve lo auguro di cuore e accompagno quest’augurio con la mia personale preghiera per tutti e per ciascuno. Un ricordo particolare per gli ammalati, per le persone sole, e per quanti vivono situazioni dolorose e difficili… che davvero a tutti arrivi la luce del Natale perché Dio è con noi, ha deciso di stare dalla nostra parte ed è follemente innamorato della nostra umanità. Con le parole Santo Padre, al quale facciamo i nostri auguri per il 50° anniversario di ordinazione sacerdotale da poco celebrato (lo scorso 13 Dicembre), accogliamo il dono di questo Natale impegnandoci a viverlo nel migliore dei modi: “Con la nascita di Gesù è nata una promessa nuova, è nato un mondo nuovo, ma anche un mondo che può essere sempre rinnovato”.

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A margine degli Auguri di don Franco sulla possibile “rinascita come scelta di chiesa e di popolo che non vuole abbassare la schiena”.

Non piegarsi di fronte alle difficoltà ed alle ingiustizie, trovando la forza necessaria guardando in alto, contemplando quel Bambino! altrimenti non ha senso scambiarci gli auguri natalizi.

E’ sicuramente  uno dei  pensieri che, a primo impatto,  più  colpisce  nel testo pubblicato dalla Curia, “degli auguri alla Chiesa e al territorio agrigentino, dell’Arcivescovo, card. Francesco Montenegro”.

E don Franco non ha difficoltà ad affermare che ha anche “una certa perplessità anche solo a pronunciare la parola “auguri” visto  il momento difficile che stiamo attraversando”.

Perché  con la sua solita – (ma, consentitemi,  in questo caso ci sembra ancora più accentuata franchezza!) – aggiunge subito: “Che senso ha parlare di festa in un momento in cui la crisi economica morde drammaticamente migliaia di famiglie per la mancanza di lavoro o per altre gravi problematiche? Probabilmente, mentre vi scrivo, in tanti stanno preparando i loro pacchi perché hanno deciso di partire già i primi giorni del nuovo anno. E noi qui a farci gli auguri? Ha senso? E’ giusto? Me lo chiedo”.

E naturalmente il fatto che Lui se lo chieda, contiene forte l’invito a chiedercelo tutti noi…..  Ciascuno di noi nella sua particolare vocazione, nel suo ruolo ecclesiale e/o civile di responsabilità, cioè  come Chiesa e popolo, con maggiore senso di responsabilità se credenti e quindi popolo di Dio.

Considerando sereno e obiettivo il quadro tracciato da don Franco, anche se solo relativamente alla nostra provincia, non è pensabile che si possa continuare così, assistendo cioè – passivamente o quasi – al continuo esodo di centinaia di giovani costretti ad andare fuori, con la drammatica conseguenza che tanti nostri Comuni dell’agrigentino  si vadano continuamente spopolando.

Né pare che ci sia un’inversione di tendenza con l’attuale Governo giallo-rosso, durante il quale – a leggere alcune notizie – le disuguaglianze sociali  non accennano ancora a diminuire, forse con l’unica notizia positiva  di qualche giorno fa, che  – a parte tutte le correzioni ed aggiustamenti che si rendono davvero  necessari – pare  che il reddito di cittadinanza abbia comunque determinato, in cifre assolute, la diminuzione dell’8per cento dei poveri.

E perciò urge un’inversione di tendenza, suffragata dai fatti e dalle statistiche. Basta il solito bla,bla,bla.  Intanto subito  il bisogno di rinascere dall’alto che ci richiama, (pur mettendocela tutta da parte nostra, e cioè facendo per intero la nostra parte),   a non confidare solo nelle nostre forze umane.  E con la stessa franchezza perciò don Franco aggiunge: “ se permettiamo a Dio di nascere nel profondo della nostra vita allora conosceremo una rinascita dall’alto e troveremo la forza di affrontare la notte, di reagire a tutti coloro o a quei sistemi di pensiero che ci vogliono far rimanere nelle tenebre…”.

E mentre anche da questa nostra testata  invitiamo a leggere e meditare il testo completo -(sopra pubblicato)- degli Auguri dell’Arcivescovo, vediamo che  la cronaca riferisce oggi con interesse la conversazione di ieri sera a “Che tempo che fa”, il talk show di RAI2, di don Carmelo La Magra, parroco della parrocchia S. Gerlando di Lampedusa (nella foto). Che, in estrema sintesi, alla fine, dopo aver riferito di quel povero padre, che, per badare al piccolo di quasi tre anni “non ha avuto neanche il diritto di piangere” la moglie annegata,  “perché doveva custodire la vita del suo bambino”.

Ciò porta don Carmelo ad un’amara conclusione. Che ci sembra  in sostanziale sintonia con il pensiero dell’arcivescovo  don Franco.

Don Carmelo La Magra  dice che per quanto riguarda gli immigrati “a fare paura non è la figura dello straniero ma del povero”.  Perché precisa il parroco di Lampedusa, “Io non chiamerei mai un americano extracomunitario…”  con la pronta precisazione del conduttore  Fabio Fazio che aggiunge e specifica meglio “uno svizzero”.

E questa chiusura mentale e spirituale, sicuramente non positiva,   forse può essere dovuta anche al fatto che dalle nostre parti la povertà è tragicamente e continuamente toccata con mano.

Diego Acquisto

23-12-2019

 

 

 

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