14 luglio: la Chiesa Agrigentina ricorda il VI° anniversario della visita di Papa Francesco a Lampedusa.
Il ricordo nella preghiera, per disposizione dell’arcivescovo card. don Franco Montenegro avverrà domani in tutte le Messe festive dei 43 Comuni dell’arcidioecsi, dopo che Papa Francesco nella data esatta, lo scorso 8 luglio, lo ha fatto in Vaticano, nella Basilica di S. Pietro, con una celebrazione durante la quale, tra l’altro, ha detto: “In questo sesto anniversario della visita a Lampedusa, il mio pensiero va agli “ultimi” che ogni giorno gridano al Signore, chiedendo di essere liberati dai mali che li affliggono”.
L’esplicito riferimento a quella che sei anni fa è stata la sua prima visita pastorale, fuori Roma a Lampedusa, in terra agrigentina, fa capire quale importanza il Papa ha voluto dare a quell’evento, che con la denuncia della globalizzazione dell’indifferenza verso i più deboli e scartati, ha segnato e continua a segnare profondamente il suo pontificato.
In questa luce, anche perché ne fa espresso riferimento, ecco la decisione del Pastore della nostra arcidiocesi di celebrare domani domenica 14 luglio 2019 una giornata particolare per ricordare l’anniversario della venuta di papa Francesco a Lampedusa.
E le motivazioni per richiamare e meditare quell’appello del Papa ci sono tutte, sia a livello mondiale che a livello italiano ed agrigentino.
Ricordiamo, per esempio, alcuni mesi fa le parole del Presidente Macron che ha spiegato la nuova legge restrittiva della politica migratoria francese, col dire che la Francia ““non può accogliere tutta la miseria del mondo”. Parole che non hanno bisogno di commento con la direzione di marcia che indica quale volto si voglia dare alla società in una linea di sviluppo di scarto e di esclusione, a tutela dei ricchi che magari diventano ancora più ricchi.
In Italia ad un certo tipo magari discutibile di politica di accoglienza indiscriminata, che ha prodotto problemi, si è passati bruscamente ad un tipo diverso di eccessiva chiusura di porti che induce a far parlare, specie in particolari situazioni, di palese, inaccettabile disumanità.
La stessa città di Lampedusa, che qualche anno fa veniva proposta per l’accoglienza a Nobel per la pace, nelle recenti elezioni europee si è uniformata a quel terzo degli italiani che su questo fronte hanno mostrato volontà di chiusura e revisione.
Ed ecco la giornata di domani ! una giornata che deve servire a richiamare tutti – come sottolinea don Franco, in profonda sintonia con Papa Francesco – alla preghiera ed alla riflessione, perché scrive testualmente: “ Non si tratta solo di compiere un gesto di carità o dire una preghiera in più, ma di aprire finalmente i cuori e sentire la «grande responsabilità, dalla quale nessuno si può esimere». Accogliere il migrante è un atto di fede, perché sul suo volto c’è stampato quello di Gesù. Rifiutare il migrante o non sentirlo fratello, è voltare le spalle a Gesù. Dobbiamo convincerci che non siamo liberi di scegliere se aiutare o no, né possiamo lasciarci guidare da motivi politici o di opportunità. Gesù ci mette accanto al povero. Il credente, per essere tale, deve prendere il Vangelo così com’è e soprattutto deve viverlo senza sconti. Gesù lo dice duramente e chiaramente: «Andate via da me, nell’inferno … non mi avete dato da mangiare, da bere, accolto quando ero straniero …».
Parole che non possono essere equivocate e che devono fare riflettere proprio tutti, ognuno per la sua parte e nel suo ruolo.
E giusto domani il Vangelo si presta molto perché verrà proclamato il Vangelo del Samaritano, a cui la tradizione ha aggiunto l’aggettivo buono, forse pensando che, come spiegano i Padri della Chiesa, il vero buon Samaritano è Gesù, che accoglie davvero tutti ed ha compassione vera per tutti. Chiaramente bollata nella parabola ogni forma di religiosità basata sul formalismo della legge, come quella del sacerdote e del levita, che guardano e passano oltre.
Si potranno fare ancora tutte le discussioni possibili, che cioè la mobilità umana è un diritto inalienabile di ciascun individuo, e che comunque le persone non devono essere costrette a migrare. Ma intanto senza dimenticare le drammatiche situazioni esistenziali di tante nostre città nei cui quartieri più poveri vivono tante persone scartate, emarginate, povere e sofferenti, anche i migranti sono persone. Sono persone.
E giustamente il Papa dice che non si tratta solo di questioni sociali o migratorie! “Non si tratta solo di migranti!” nel duplice senso che i migranti sono prima di tutto persone umane, e che oggi sono il simbolo di tutti gli scartati della società globalizzata”.
Un compito immane attende la politica, quella vera e responsabile che, praticata soprattutto da cristiani, deve tenere come punto di riferimento la parola di Gesù, compresa quella che ascolteremo forse fra qualche domenica e che comunque è Vangelo : “Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”. Parole rivoluzionarie pronunciate da Gesù nel mondo antico, che concepiva il potere politico in modo teocratico e che la Chiesa in seguito farà qualche fatica a smentire. Parole brevissime che da quanti sono in politica, necessitano comunque di essere interpretate specie dai seguaci di Gesù, magari in modo sempre nuovo, a seconda dei tempi e delle mutate e mutevoli situazioni del mondo.
E che comunque, in ogni caso, di fronte a Cesare sta il diritto di Dio che è garante di tutta la grandezza e la libertà di ogni essere umano. Che perciò mai deve essere calpestato.
Diego ACQUISTO
13-7-2019
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