Il documento di ABU DHABI nell’ottica del gesuita P. Sorge
A margine del documento “Fratellanza Umana per la pace mondiale e la convivenza comune”
Che meraviglia di documento assolutamente inaspettato e, sino a qualche giorno prima, difficilmente ipotizzabile. Ci riferiamo al documento di Abu Dhabi, proprio l’altro ieri firmato, condiviso e promulgato da due alte autorità religiose per tanto tempo considerate assai distanti, se non proprio agli antipodi nel cammino di civiltà: per la Chiesa cattolica Papa Francesco, e per la parte musulmana da Ahamad al-Tayyib Grande Imam di al-Azhar (la Luminosa), l’Università Sunnita del Cairo, considerata una tra le più antiche università del mondo, risalente al secolo X ed uno dei principali centri d’insegnamento religioso dell’Islam sunnita.
Credo che oggi, malgrado tutti i gravi problemi del momento, si stia largamente diffondendo, pur in uno stato d’animo di sostanziale incredulità per quanto improvvisamente avvenuto, un gratificante senso di soddisfazione e sollievo, unitamente ad un interrogativo che invita a chiedersi se sia proprio vero.
E fortunatamente si tratta di una notizia assolutamente vera, che apre per l’umanità una strada nuova di fiducia e di speranza, destinata a segnare una svolta davvero storica con sviluppi positivi, magari graduali, verso un orizzonte nuovo di convivenza, segnata da ideali di pace, fratellanza e solidarietà.
Leggo e condivido che l’errore più grave sarebbe considerarlo un documento tra i tanti, non capirne la portata, considerarlo solo materia di studio per gli addetti ai lavori, e quindi conservarlo solo nelle proprie librerie. Mentre invece con un linguaggio chiaro, piano e popolare, le due alte autorità, pur partendo di visioni diverse, con questo documento, in nome della verità fondamentale che li accomuna, cioè la fede nell’unico Dio, che è amore e misericordia, vogliono salutarmente “disturbare” ed interrogare la coscienza dei credenti per un cammino salvifico nuovo. Un cammino nuovo, con la comune volontà tra musulmani e cattolici d’Oriente e d’Occidente nella linea della collaborazione e del dialogo per una migliore conoscenza reciproca, nel nome della pace e della giustizia.
Per questo si indica nella sapienza divina l’origine della “libertà di credo e di essere diversi”, il dovere “della protezione dei luoghi di culto”, come quello di riconoscere “il diritto della donna all’istruzione, al lavoro”, favorendo solo quelle leggi che non ne mortifichino la dignità.
Bastano solo queste cenni, per cogliere la portata ed il valore di un documento per il quale si raccomanda la larga diffusione in tutti gli ambienti formativi e culturali, sia cattolici che musulmani.
Sicuramente questo, ancora un traguardo assai positivo del pontificato di Papa Francesco, che non si limita a citare il Vaticano II, ma cogliendone lo spirito, sente come suo preciso dovere tradurlo in pratica.
E ricordiamo che proprio il Vaticano II nel documento “Ad Gentes” dice che la missione evangelizzatrice della Chiesa si esplica anche nel dialogo interreligioso che “conserva in pieno, oggi come sempre, la sua validità e necessità”.
E ciò anche per fugare talune paure che allora come oggi non mancano in alcune frange anche qualificate; e non solo di semplici battezzati, del popolo di Dio.
Dio che sicuramente vuole “che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità ” ; un processo che ha il suo culmine nel mistero dell’incarnazione. Cioè in Gesù di Nazareth, mediatore e pienezza della rivelazione, Dio ed uomo ad un tempo, che ci salva con la sua morte in Croce e con la sua Risurrezione.
Una sublime ed altissima verità, alla quale, chissà – con le dovute tappe, nel divino misterioso piano di salvezza universale – prima o poi tutti dovranno arrivare. Ed intanto coloro che “obbediscono alla mozione dello Spirito di verità sono già sul cammino della salvezza”.
Nel mentre ci può essere senz’altro d’aiuto un pensiero del grande gesuita P. Bartolomeo Sorge, che scrive “È diverso contemplare la cima dei monti stando in pianura e guardare la pianura dalla cima dei monti. È diverso contemplare le opere di Dio dal basso, con gli occhi dell’uomo, e vedere le opere dell’uomo dall’alto, con gli occhi di Dio”.
Diego Acquisto
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