Carenza di vocazioni al diaconato permanente nell’arcidiocesi di Agrigento. La Comunità ecclesiale discute e si interroga.
Un’attenzione particolare sui Diaconi permanenti anche nell’agrigentino, in cui la carenza di vocazioni negli ultimi tre lustri si è gradualmente aggravata, determinando la totale mancanza di ordinazioni nell’ultimo decennio.
Un’impennata di attenzione sul problema che si avverte sui social, specie dopo la diffusione della notizia della nomina come Parroco di un Diacono permanente uxorato nella diocesi di Roma
Basta consultare il social più popolare dove di questa notizia è stata colta, proprio in terra agrigentina la forte novità di una decisione che interessa tutta l’Italia, e non solo.
Tanti, proprio tanti i likes, e diversi i commenti, con valutazioni positive, da Casteltermini, Palma di Montechiaro, Canicattì, Agrigento, Favara paesi tutti da dove sono venute fuori diverse vocazioni. E da dove, per esempio da Favara, nel recente passato sono venute fuori preziose vocazioni al diaconato permanente, che in atto, assolvono a delicatissime mansioni a livello curiale, per quanto riguarda la liturgia e le cerimonie, o nel settore di grande responsabilità che cura il settore tecnico-informatico, che si trova sempre pronto a cogliere ed utilizzare tempestivamente gli aggiornamenti che riguardano i mass-media.
Per non parlare di altri diaconi permanenti uxorati che hanno svolto delicati servizi per esempio nella cura diligente della segreteria dell’arcivescovo o del servizio qualificato nell’Ufficio Scolastico Diocesano per gli IdR, nel periodo delicatissimo dei tre anni dell’immissione massiccia in ruolo. E chi scrive, trovandosi in quel periodo a servire la diocesi in questo settore, ha usufruito con precisa nomina dell’arcivescovo Ferraro della preziosa e competente collaborazione del diacono prof. Giuseppe Magro.
E sarebbe lungo citare altri servizi prestati dai diaconi permanenti, molti dei quali oggi per ragioni di età e di salute sono necessariamente a riposo.
Dicevamo dell’attuale attenzione al problema del diaconato permanente ! un’attenzione nell’agrigentino al momento sollecitata e legata alla notizia della nomina come Parroco della Parrocchia S. Stanislao a Cinecittà di Andrea Sartori, diacono permanente sposato, con moglie e figli.
Facile notare che proprio tanti agrigentini si compiacciono per la coraggiosa innovazione pastorale, decisa da Papa Francesco, mettendo anche in evidenza alcuni possibili vantaggi in campo pastorale sulla sfida oggi più importante. Che non è quella della sacramentalizzazione, ma quella dell’evangelizzazione o della nuova evangelizzazione, dato che anche nel recente passato più frequentemente ci si è concentrati, dopo una preparazione sommaria, sull’amministrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana, Battesimo, prima Comunione e Cresima. Dimenticando un po’ – (o forse meglio, più che un po’, in pratica riducendo ai minimi termini ) – il mandato di Gesù di predicare anzitutto e poi battezzare, come dire che l’evangelizzazione deve precedere l’amministrazione dei sacramenti.
Nell’attuale contesto socio-culturale-religioso, la mancanza di una efficace ed incisiva evangelizzazione, ha indotto non pochi credenti ad accogliere, più o meno consapevolmente, una visione quasi magica dei sacramenti.
Perciò, nella doverosa riscoperta dell’evangelizzazione, anche la nomina di un Diacono sposato come Parroco, viene vista positivamente non solo per l’evangelizzazione in generale, ma soprattutto per l’evangelizzazione delle famiglie.
D’altra parte c’è da considerare che il diacono sposato nel suo impegno pastorale è accompagnato dalla moglie, la quale a suo tempo, secondo le norme, ha dato il suo consenso perché il marito potesse seguire la sua nuova vocazione con la necessaria preparazione e quindi con la ricezione del primo gradino del sacramento dell’Ordine Sacro.
La nostra diocesi agrigentina ha 39 diaconi, buona parte dei quali però, presta un servizio assai limitato, o per motivi di salute o di età avanzata, perché ultra settantacinquenni; in pratica, sono appena 16 quelli che esercitano effettivamente il servizio diaconale, per incarico specifico dell’arcivescovo, anche in un Comune diverso da quello di residenza.
Non si può dimenticare un Corso di aggiornamento di tutto il Clero agrigentino, presbiteri e diaconi, di qualche lustro fa, proprio sul tema del diaconato. Tante le idee che sono state dibattute, approfondite e largamente condivise. Pare però – con tutta franchezza – che sostanzialmente, in generale, come per altre intuizioni pastorali, che tutto sia rimasto solo nell’aria e magari solo scritto negli atti ufficiali, senza alcuna rilevante conseguenza pratica.
Forse sarebbe il caso di riprendere almeno alcune di quelle proposte, misurarsi con impegno sulle difficoltà ed evitare così la possibile estinzione del diaconato permanente in terra agrigentina.
In quel Corso si rilanciava una nuova visione del diaconato permanente, celibe o uxorato. Si diceva che il diacono non può, né deve essere considerato un mezzo-prete, un vice parroco, peggio ancora il “cavalier servente” del parroco, né un sacrista di rango, d’eccellenza o qualcosa del genere,… ma un vero evangelizzatore, con una specifica vocazione di servizio nei settori più importanti e delicati della pastorale. Cioè l’evangelizzazione ed il servizio ai poveri, anziani, ammalati e comunque alla fasce sociali deboli, materialmente e spiritualmente. Addirittura si diceva con forza che al diacono, la domenica basta solo la partecipazione ad una Messa e poi il dovere della Liturgia-Parola della “strada“, evangelizzando con la testimonianza concreta ed il servizio al prossimo.
Davvero affascinante questa idea della Liturgia della strada !
E tutto questo – si diceva – deve avvenire in una visione di Chiesa più aderente alla teologia del Vaticano II, che – come è noto – ha rovesciato la tradizionale visione piramidale della Chiesa, per privilegiare quella circolare, in cui al centro c’è CRISTO servo, venuto per servire.
Diego Acquisto
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