Qualche considerazione sul volume “Volare in alto” di Peppe Veneziano
Ho letto con piacere l’elegante volume dall’accattivante titolo “Volare in alto” del Ragioniere dott. Giuseppe Veneziano, da me sempre giudicato un vero gentleman, per il suo tratto non comune, davvero signorile.
Un volume autobiografico che lo stesso autore ha avuto la cortesia di consegnarmi personalmente , sottolineando di avere trascorso proprio nella parrocchia di S. Vito, con il mio predecessore don Giuseppe Seggio, un certo periodo della sua giovinezza, che, anche se breve, malgrado tutto, forse comunque tra i più significativi per il suo percorso di vita, dal punto di vista formativo, seppure non ricordato in maniera del tutto positiva.
Una particolare sottolineatura la mia, perché notoriamente, in quel periodo la parrocchia S. Vito, oltre ad essere la più popolosa e vivace della città, era frequentata da molti giovani, allora rigorosamente divisi nei due settori, maschile e femminile; e per tutti c’era la direzione di un giovane prete, Padre Giuseppe Seggio, ricco di tante doti umane, e capace di incidere profondamente nell’animo di molti, … non pochi dei quali hanno maturato e poi speso positivamente i loro talenti nel sociale e nel politico, ricoprendo cariche pubbliche di rilievo, a servizio non solo della città, ma anche a livello più alto.
Anche lo stesso prof. Biagio Lentini – che a livello cittadino ha svolto tanti servizi non di secondaria importanza per la città – e che ha curato la prefazione del volume, deve la sua formazione alla parrocchia S. Vito ed in particolare a don Giuseppe Seggio.
Sul volume “Volare in alto”, di oltre 200 pagine, arricchito da diverse fotografie e fresco di stampa, che già nel titolo lancia un messaggio di perenne benefica attualità, è facile rilevare sin dalle prime battute la capacità dell’autore di sfuggire alle insidie di un genere letterario come l’autobiografia, che potrebbe facilmente indurre all’autocelebrazione.
Un rischio che l’autore assolutamente non corre, rivelando una matura capacità a sapersi distaccare di se stesso, per raccontarsi in maniera semplice, piana, oggettiva, ed ogni tanto anche con un pizzico di indovinata autoironia.
Un modo questo assai efficace con cui Veneziano, ragioniere e “principe” dei commercialisti agrigentini ma non solo, perché anche laureato in lingue straniere, riesce ad offrire, specie nelle prime pagine, uno spaccato dei modi di pensare, fare, istruire, formare ed educare di quel tempo che fu, e che adesso per fortuna , negli aspetti più discutibili, largamente superato.
Ed in questo senso il mio riferimento per esempio è anzitutto alla generosa dose di “ceffoni” con cui si rendeva più facile ed efficace l’apprendimento del latino nell’Abbazia Benedettina di S. Martino delle Scale, o addirittura, ancora più singolare, l’orientamento forzato a scoprire e seguire la vocazione religiosa alla vita monacale, per la gioia delle buone mamme, donne di chiesa, che gioivano grandemente a vedere il proprio figliuolo indossare per la prima volta l’abito sacro. E magari poi, nel richiedere una fotografia-ricordo, sentire il commento dell’astuto e navigato fotografo, dire che quel ragazzo, più che da frate, ha una faccia “da brigante”.
Una battuta ironica questa da non prendere alla lettera, ma, come nella cultura siciliana corrente, soprattutto di quel tempo, solo per dire che ci si trovava davanti a un ragazzo sveglio, vivace, intelligente, scaltro, che nella vita forse avrebbe poi fatto con successo ben altro, anziché l’umile frate in un Convento o il prete in una Chiesa di periferia.
Ed è proprio quello che è avvenuto con l’autore, e da lui raccontato con elegante schiettezza, come in tanti altri episodi in cui ha saputo abilmente destreggiarsi, discernere e decidere, non solo sul piano professionale, ma anche e soprattutto su quello privato e personale, nella formazione di una famiglia, istituto fondamentale di una sana vita sociale; famiglia fondata sui grandi valori della fedeltà e dell’indissolubilità del vincolo matrimoniale.
La sua unica delusione pare sia stata unicamente quella della politica, che nel volume – a mio giudizio – risulta la parte più significativa, se non proprio preponderante. Politica scelta dal dott. Veneziano per autentico spirito di servizio e quindi per nobili finalità , ma immersa in un groviglio favarese di “gelosie, tornaconti e tradimenti”. Dove comunque il dott. Veneziano ha sempre collezionato dei successi personali, ricevendo notevoli consensi dalla base, perché è risultato bene eletto tutte e tre le volte che si è presentato candidato per il Consiglio Comunale, ricoprendo varie cariche assessoriali, compresa più volte la carica di vice-sindaco.
Ma senza riuscire ad andare oltre l’orizzonte cittaino, per il mancato appoggio dell’on. Landi, abile manovratore e capo-bastone locale del PSI, il Partito in cui Veneziano aveva deciso di militare, coerente con i suoi principi di giustizia sociale e di libertà, ed assolutamente refrattario ad ogni forma comunque camuffata di servilismo. E proprio questo suo viscerale rifiuto del servilismo risultava insopportabile al capo-bastone locale, che tutto preferiva e voleva tenere in pugno.
Se mi è consentita una digressione, dato che mi trovo a Favara dal settembre 1963 e con la responsabilità di parroco di S. Vito dal 1969, devo anche dire che, pur in un clima di cordialità con il sottoscritto, lo stesso onorevole in un certo periodo denunciava la presenza di qualche prete scomodo, definito il “Pintacuda” di Favara. Erano gli anni in cui P. Ennio Pintacuda, prete gesuita, era ispiratore della stagione politica che portò alla cosiddetta primavera palermitana con la nascita di un movimento politico come “Città per l’Uomo” e La Rete.
Ma ritornando al nostro discorso, a proposito di ironia e soprattutto di qualche battuta pungente che non manca nel libro, Giuseppe Veneziano , favarese doc, in “Volare in alto” si propone di stimolare alla riflessione, raccontando episodi e fatti, rivolgendosi direttamente ai suoi nipoti, ma indirettamente e metaforicamente a tutti i favaresi, e non solo. E soprattutto dalle tante pagine dedicate al suo impegno nella “polis”, mi pare che emerga chiaramente il desiderio di spingere i favaresi a sapersi rinnovare, in modo costruttivo, con coraggiosa saggezza, superando forme di conformismo o di “attaccamento fideistico” al proprio Partito.
In questa direzione vanno sicuramente le sue considerazioni, perché Favara continui a…….liberarsi con progressiva determinazione da ogni forma di servilismo e rassegnazione, aprendosi al coraggio della fiducia e della speranza concreta e fattiva, valorizzando il passato con i suoi errori, magari di persone e di programmi …di fiducia tradita e/o mal riposta…….per costruire pazientemente ma tenacemente un futuro diverso, … diverso e migliore con il coraggio di sapere cambiare ed osare.
Insomma , per concludere e non farla troppo lunga, “Volare in alto” è sì un libro autobiografico ma con l’effetto ed il desiderio di trasmettere valori che non possono passare di moda ed un impegno ideale di vita che ha un orizzonte più vasto del mero dato personale.
Favara 25-5-2018
Sac. Diego Acquisto
Parroco S. Vito
Favara