Davvero pirandellliana questa “pillola” di storia di G. AUGELLO

0

 

Pillole di storia – AGRIGENTO – 1947 – UN FUNERALE “PIRANDELLIANO” PER LUIGI PIRANDELLO 

a curA  di Gaetano Augello-———————————————————————————————————

Nei giorni in cui si commemorano i 150 anni dalla nascita di Luigi Pirandello (Agrigento.28-6-1867—Roma10-12-1936), si parla soprattutto dei suoi funerali ed in particolare di quello celebrato nella sua Agrigento nel 1947.

La vicenda ha avuto particolare eco a seguito di una brillante narrazione della stessa da parte dello scrittore Andrea Camilleri che, giovanissimo, ne fu protagonista.

Il 10 dicembre 1936 moriva Luigi Pirandello. I figli trovarono subito mezzo foglietto stropicciato di carta in cui il grande drammaturgo aveva deciso di comunicare le sue ultime volontà:

” 1 – Sia lasciata passare in silenzio la mia morte. Agli amici, ai nemici preghiera non che di parlarne sui giornali, ma di non farne pur cenno. Ne’ annunzi ne’ partecipazioni.

2 – Morto, non mi si vesta. Mi s’avvolga, nudo, in un lenzuolo. E niente fiori sul letto e nessun cero acceso.

3 – Carro d’infima classe, quello dei poveri. Nudo. E nessuno m’accompagni, ne’ parenti, ne’ amici. Il carro, il cavallo, il cocchiere e basta.

4 – Bruciatemi. E il mio corpo appena arso, sia lasciato disperdere.; perché niente, neppure in cenere, vorrei avanzasse di me.

Ma se questo non si può fare sia l’urna cineraria portata in Sicilia e murata in qualche rozza pietra nella campagna di Girgenti, dove nacqui”.

Dall’uso del nome “Girgenti ” deduciamo che il testamento dello scrittore sia da collocare anteriormente al primo luglio 1927, data in cui la città assunse la nuova denominazione di “Agrigento “.

I figli rispettarono i primi tre punti del “testamento”: due giorni dopo il decesso il corpo dello scrittore fu accompagnato da un carro d’infima classe al forno crematorio.

Nessuna cerimonia e il rifiuto di un solenne funerale che il regime fascista, e lo stesso Mussolini, pare, avrebbero voluto celebrare.

Il quarto punto non fu rispettato e le ceneri dello scrittore, collocate dentro un’urna, furono tumulate nel cimitero del Verano dove sarebbero rimaste per ben undici anni.

Ben presto, tuttavia, in ambienti politici e governativi si cominciò a parlare della opportunità di trasferire ad Agrigento le ceneri dello scrittore, dando luogo ad un solenne funerale.

Ci fu una triangolazione epistolare tra Governo, Vaticano e Curia di Agrigento guidata dal vescovo Giovanni Battista Peruzzo.

Il 12 aprile1937 dal Vaticano, nella persona del futuro cardinale Giuseppe Pizzardo , fu inviata al Peruzzo questa comunicazione riservata: “Accuso a V. E. Rev.ma ricevimento del foglio n. 83/37 del 22 marzo u.s. circa i progettati funerali di Pirandello. A quanto è dato sapere i detti funerali saranno mantenuti in una forma molto modesta, evitando qualsiasi gesto atto ad offendere il sentimento religioso della popolazione”.

Evidente la preoccupazione da parte delle autorità religiose di evitare scandalo, dal momento che allora la Chiesa condannava la cremazione.

Il 3 maggio 1939 il segretario di Stato Vaticano, cardinale Luigi Maglione, scriveva al vescovo Peruzzo a seguito di un colloquio tra loro intercorso:

“A V. E. Rev.ma è nota la vita e l’opera letteraria del celebre scrittore e come negli ultimi anni di sua esistenza il Pirandello siasi mostrato non avverso alla religione, anzi pare che sul suo letto pendeva l’immagine del Crocifisso. D’altra parte il testamento col quale disponeva la cremazione del suo cadavere, risulta anteriore di ben un trentennio al tempo delle sue mutate disposizioni di spirito. Ciò posto, e qualora veramente codesta buona popolazione riportasse scandalo della mancanza di qualunque segno di suffragio cristiano, V. E. potrà permettere, purché ridotta al minimo, la manifestazione religiosa. Questa poi dovrà essere subordinata all’assicurazione che le ceneri dello scrittore siano composte in una cassa funebre come si usa per ogni salma e che la notizia dell’avventura cremazione sia tenuta nascosta. Ella non mancherà, inoltre, di far sapere a codesti fedeli, nel modo più adatto allo scopo, che le condizioni spirituali del loro illustre concittadino al tramonto della vita non furono avverse alla religione, ma piuttosto favorevoli”.

 Del funerale, a seguito degli eventi bellici, non si parlò più per alcuni anni.

Il sindaco democristiano di Agrigento, Giovanni Lauricella, eletto nelle prime elezioni amministrative del dopoguerra – svoltesi il 30 aprile 1946 – si pose subito il problema del trasferimento delle ceneri di Pirandello; lo deduciamo da una lettera inviata a monsignor Peruzzo, il 12 novembre 1946, dalla Segreteria di Stato del Vaticano, a firma del sostituto Giovanni Battista Montini, futuro papa Paolo VI:

“Mi riferisco alla lettera di V. E, Rev.ma del 29 ottobre p. p. Con la quale Ella chiede direttive sulla partecipazione religiosa alle onoranze che tra breve saranno tributate nella città di Agrigento alla memoria dello scrittore Pirandello. Benché, come Ella dice, tali onoranze non rivestano alcun carattere ostile alla Chiesa, tuttavia si ritiene opportuno che la partecipazione da parte cattolica sia la più riservata possibile. Nel 1939 questa Segreteria di Stato ebbe a scrivere a V. E. sullo stesso argomento e perché l’E. V. abbia come direttiva quanto allora fu comunicato rimetto copia della lettera stessa per facilitarle ogni possibile ricerca. Mi è gradita l’opportunità per baciarle il s. Anello e confermarmi con devoti ossequi, di V. E. Rev.ma devoto servitore”.

 Il 22 novembre 1936 il vescovo Peruzzo informo’ il sindaco Lauricella della comunicazione avuta dalla Segreteria di Stato del Vaticano.

Questa la lettera di accompagnamento:

 “Ill.mo Sig. Commendatore, Le rimetto copia delle istruzioni che la Segreteria di Stato ci ha dato per le onoranze funebri di Pirandello. Esse servono di direzione per me ed anche per codesta Amministrazione. Devotissimo Battista Vescovo”.

L’Amministrazione del Comune di Agrigento, dunque, doveva seguire ed eseguire le indicazioni del Vaticano! l sindaco Lauricella, intanto, per portare avanti il suo piano si rivolse direttamente al presidente del Consiglio, Alcide De Gasperi, che , in considerazione delle difficoltà nei trasporti proprie di quel periodo, chiese alle autorità americane di mettere a disposizione un aereo militare.

Avuto il consenso, De Gasperi affidò l’accompagnamento delle ceneri ad un suo amico, il deputato favarese Gaspare Ambrosini, futuro primo presidente della Corte Costituzionale.

Sistemate le ceneri in un vaso greco del V secolo a. C. imballato in una cassa di legno, al momento della partenza dell’aereo si avvicinarono una decina dei persone, chiedendo un passaggio. Ottenuto il consenso degli americani, salirono tutti a bordo; un passeggero noto’ la cassa di legno e chiese ad Ambrosini che cosa contenesse.

Avuta la risposta, lo stesso passeggero chiese: “Pirandello, quello che aveva chiesto che le sue ceneri fossero disperse al vento? Non è che il destino ha stabilito di accontentarlo proprio oggi…?”.

Seguirono momenti di smarrimento accompagnati dai rituali scongiuri; i passeggeri cominciarono a scendere e i piloti, avendo chiesto ed ottenuto da Ambrosini tutte le spiegazioni, si rifiutarono anch’essi di partire.

Ambrosini allora decise di partire in treno: durante il tragitto si appisolò e, al risveglio, non trovò più la cassa.

Cominciò a cercare nei vagoni e, finalmente, la trovo’. Quattro viaggiatori la stavano utilizzando come punto di appoggio per giocare a tressette “col morto” e che morto!

Raggiunta Agrigento, ricominciarono i problemi.

Il vescovo Peruzzo si rifiutava di benedire il vaso greco – segno evidente della esecrata (allora!) cremazione – per evitare che il suo gregge ricevesse scandalo.

Seguirono delle trattative in “famiglia” tra il vescovo, il deputato democristiano e il sindaco anch’esso cattolico.

Alla fine Peruzzo, uomo di sottile intelligenza e abile diplomatico, trovò la soluzione: benedizione si ma a condizione che il vaso contenente le ceneri fosse racchiuso in una normale bara di legno.

Ma l’unica agenzia di pompe funebri allora operante in città disponeva solo di una cassa per bambini. Pazienza! Pirandello ebbe così il secondo funerale che non avrebbe mai voluto: la cassa col vaso contenente le ceneri attraverso’ tra due ali di folla il salotto buono della città, dalla Stazione Centrale al Museo di piazza Municipio, oggi piazza Luigi Pirandello.

Non sappiamo con quali modalità, dove e da chi (non dal vescovo certamente) sia stata officiata la cerimonia religiosa.

Poco tempo dopo le ceneri furono trasferite, in forma privata, all’interno della casa natale dello scrittore, in contrada Caos.

Infine, nel 1962, il terzo funerale: le ceneri, travasate in un cilindro d’alluminio, furono murate nel monumento funebre innalzato, accanto alla casa, sotto il celebre pino tanto caro allo scrittore.

Presenti autorità civili e religiose e, tra gli altri, gli scrittori Salvatore Quasimodo e Leonardo Sciascia. Finalmente le ceneri del grande drammaturgo hanno trovato, si spera, la collocazione definitiva, peraltro non in totale contrasto con le volontà da lui espresse.

GAETANO AUGELLO

 

Leave A Reply

Your email address will not be published.

This website uses cookies to improve your experience. We'll assume you're ok with this, but you can opt-out if you wish. Accept Read More