Due martiri della democrazia
Don Giovanni Minzoni (1885-1923) e l’on. Giacomo Matteotti (1885-1924): due grandi figure di formazione culturale assai diversa, con una forte personalità, ma entrambi nemici acerrimi della cultura fascista, che proprio in questo periodo, cento anni fa, iniziava ad imporsi in Italia.
Due figure da mettere assieme, non solo perché accomunati dall’anno di nascita e quasi da quello della morte, e comunque entrambi martiri per lo stesso ideale di libertà e democrazia.
Valori, che sicuramente in Italia, dopo 75 anni di vita repubblicana, regolata dall’attuale Costituzione, non corrono adesso alcun pericolo, ma dove, comunque è sempre meglio ricordare che la vita democratica, non si rinnova mai automaticamente, ma ha sempre bisogno dell’apporto sincero, qualificato, tempestivo e coraggioso di tutti, dai diversi fronti ideali. In consonanza, proprio attualmente in questi giorni, con i vibranti messaggi che arrivano dal Meeting di Cl di Rimini, che oggi ha registrato anche la presenza del nostro presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
La vigilanza è tuttavia sempre d’obbligo, anche perché poi, – se allarghiamo anche solo un po’ lo sguardo – si resta sgomenti nel constatare quanto va avvenendo nella Russia di Putin, dove in un modo o in un altro, scompaiono gli avversari politici.
Ritornando al nostro titolo, sappiamo bene tutti che il primo ad essere eliminato fu Don Giovanni Minzoni prete e parroco nel ravennate, impegnato sul piano educativo nella formazione dei giovani, che la sera del 23 agosto 1923 veniva ucciso a bastonate. Quest’anno perciò il centenario; mentre per l’on. Giacomo Matteotti, scomparso il 10 giugno, dopo il suo ultimo discorso pubblico in Parlamento del 30 maggio del 1924, il 16 agosto 1924 fu ritrovato il suo cadavere nelle campagne di Riano.
Mentre quindi per don Minzoni, quest’anno si è compiuto il centenario del suo martirio, per l’on. Matteotti si è compiuto il 99mo anno, ed è iniziato quindi l’anno del centenario.
Un martirio quello di entrambi per gli ideali di libertà, giustizia sociale e democrazia; tutti e due lottarono, ben consapevoli dei rischi che in quel tempo correvano con l’avanzata allora del fascismo che non tollerava dissensi di alcun genere, non solo in campo politico, ma soprattutto sul piano educativo della gioventù.
Don Minzoni, non si è piegato alle direttive del fascismo e perciò, ha deciso di impegnare tutte sue forze nell’educazione dei giovani, con i metodi dello scautismo cattolico. Capiva bene il pericolo, ma non ha fatto un passo indietro. Infatti, nel suo diario ritrovato, leggiamo quello che proprio qualche giorno prima, aveva scritto : “A cuore aperto, con la preghiera che mai si spegnerà sul mio labbro per i miei persecutori, attendo la bufera, la persecuzione, forse la morte per il trionfo della causa di Cristo”.
Mentre l’on. Matteotti, segretario del Partito Socialista Italiano dopo il suo coraggioso discorso del 30 maggio 1924 in Parlamento, contro le prepotenze, i brogli e le violenze fasciste nelle elezioni del 6 aprile precedente, scrisse.” “Io il mio discorso l’ho fatt…. ora voi preparate i discorso funebre per me”.
Che chiarezza ! che coraggio ! La nostra democrazia repubblicana deve molto ad entrambi. Il loro esempio non deve essere dimenticato.
Diego Acquisto
25 agosto 2013
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