Frammenti di memoria sul 23 gennaio 2010, il dovere della memoria…..Che stimolante scambio di opinioni….
Oggi 22-1-2013 —– Buona domenica…..riproponendo un articolo dello scorso anno, per una riflessione sulla data di domani 23 gennaio…..una data, questa del 23 gennaio, che Favara non può e non deve dimenticare, per la tragedia che si è vissuta …e anche (perché no ?) per l’interessante problematica socio-politico-religiosa su cui si è tanto discusso e polemizzato…….
- Di Diego Acquisto
- 22 Gennaio 2022
Frammenti di memoria sul 23 gennaio 2010. Un dovere non solo per Favara, mentre i centri storici presentano dovunque ancora pericoli.
Una data questa del 23 gennaio che specie a Favara non può passare inosservata, perché richiama ad un giorno che ha segnato profondamente la sua storia, quando in una zona di case abbandonate in pieno centro storico, si verificò il crollo improvviso di un’abitazione a tre livelli, provocando la morte delle sorelle Marianna e Chiara Pia Bellavia, di 14 e 4 anni.
Chi scrive, appena qualche ora dopo, si trovava allora sul posto, quando è stato estratto vivo il fratello dodicenne Giovanni, mentre per le due sorelle che i soccorritori riuscirono aa raggiungere una buona mezz’ora dopo, non c’è stato nulla da fare.
Ricordo quelle ore di concitazione, con il Prefetto Umberto Postiglione, che, arrivato tempestivamente da Agrigento, dava concitatamente ordini al Sindaco avv. Domenico Russello, di abbattimento “immediato” di un buon numero di case nel circondario dove era avvenuto il disastro, mentre alcuni giovani favaresi presenti, davano segni di insofferenza, mostrando anche di volere quasi aggredire il Prefetto, simbolo massimo dell’autorità in quel momento presente. E chi scrive, assieme ad altri ha svolto opera di convinzione, fortunatamente riuscita, presso quei giovani, a cui però è stato spiegato che qualche loro gesto inconsulto contro il Prefetto, avrebbe avuto come conseguenza solo il rallentamento del lavoro di ricerca tra le macerie, dove si stava cecando di riuscire a salvare dopo il riprovamento di Giovanni, anche le due sue sorelle.
I funerali allora celebrati qualche giorno dopo in una Chiesa Madre gremita all’inverosimile, con una grande folla anche fuori, hanno registrato la presenza delle massime autorità. Dal Ministro della Giustizia del tempo Angelino Alfano, al Presidente della Regione Raffaele Lombardo, mentre il prefetto Umberto Postiglione comunicava espressamente il cordoglio delle massime cariche dello Stato: cioè il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, i Presidenti di Camera e Senato, Gianfranco Fini e Renato Schifani.
Erano presenti al funerale molti sindaci con la fascia tricolore. E tutte le cronache del tempo, dei giornali locali e nazionali, parlavano del lunghissimo, scrosciante applauso che ha salutato l’uscita dalla Chiesa Madre delle bare bianche di Marianna e Chiara Pia, della ghirlanda di fiori bianchi inviata dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, delle decine di fiori bianchi e di un foglio di cartone rosa con disegni e messaggi scritti dai compagni di scuola; mentre sempre fuori dalla chiesa, c’è stato il volo di decine di palloncini bianchi, tra le lacrime e il dolore delle migliaia di persone che partecipavano.
La Messa era concelebrata da una ventina di sacerdoti, di Favara e dei paesi vicini, che tutti per mezzo del presidente don Mimmo Zambito, lanciavano sostanzialmente questo messaggio : «Dio non ha abbandonato il suo popolo e i politici, che sono stati scelti dal popolo, non dovrebbero abbandonare coloro che sono rimasti indietro e i più poveri»
Un dramma quello vissuto a Favara il 23 gennaio 2010 che ha scoperchiato in Sicilia l’emergenza edilizia dei centri storici, dove però a partire da Favara – dobbiamo forse riconoscere – che davvero non molto è stato fatto. Anche a Favara, dove tanti pericoli permangono, come solo per fare un esempio , nella via Zanella, a meno di due passi dalla Farm, non pochi dicono che c’è un palazzo dal grande valore storico, che pur puntellato dai privati, rischia comunque di crollare anche improvvisamente, con tutti i danni che potrebbe causare a chi si dovesse trovare occasionalmente di passaggio.
Il dovere della memoria deve spingere, ognuno per la sua parte e nel suo ruolo, al dovere di intervenire tempestivamente per evitare danni e lutti.
Ma a margine di tutto, ricordando quel 23 gennaio di 12 anni fa, dobbiamo dire che allora, dopo che il Card. Angelo Bagnasco in un comunicato aveva a sottolineato che, nonostante l’impegno della Protezione civile, in Italia, “molti allarmi erano rimasti inascoltati e tante segnalazioni non raccolte”, l’‘arcivescovo di Agrigento Francesco Montenegro, presente in assemblea tra i fedeli, aveva rifiutato di presiedere la funzione per protestare contro “una tragedia annunciata e che si poteva evitare“. Anzi lo aveva comunicato prima :”Il mio posto sarà tra la gente di Favara con loro pregherò per Marianna, la piccola Chiara e per i loro genitori e per il piccolo Giovanni”. “Non è un sottrarmi al mio ruolo di vescovo, di pastore della porzione di popolo che il Signore mi ha affidato – aveva spiegato – ma un farmi solidale e vicino alla famiglia Bellavia in questo giorno che è giorno di preghiera e silenzio. Invito tutti a guardare al Crocifisso, nell’estremo grido di Gesù sulla croce sono contenuti e riecheggiano tutti i gridi dell’umanità intera e tutti sono bagnati dalle lacrime del Padre”.
Una posizione questa dell’arcivescovo, non da tutti nella Chiesa condivisa, come pure del messaggio dell’omelia, in cui tanta responsabilità sull’accaduto era stata addossata al potere politico , specie da taluni settori dell’ambito ecclesiale agrigentino e non.
In ambito ecclesiale a largo raggio, c’era pure chi affermava e si chiedeva,… scriveva ed interrogava: “La morte è morte, la disgrazia è disgrazia, la politica è politica; perché la MESSA non deve essere MESSA? Perché si deve trovare sempre un prete di turno, pronto e disposto, ad approfittare di una disgrazia, di una o due morti per fare un comizio, lanciare una o più maledizioni contro ignoti o gente conosciuta, servendosi della MESSA che è pure la MEMORIA di UNO che muore ammazzato sulla CROCE senza maledire nessuno?….”. E ancora: “Perché, se si ha qualcosa da dire – (e sarebbero tante le cose da dire e da gridare!)- …non si sceglie un bar o la piazza, come faceva un certo Giovanni Battista, per redarguire la malavita di tutti, compresi i potenti di ogni tempo? Perché non lasciare la MESSA x fini + vicini alle intenzioni e al cuore di COLUI che l’ha istituita? Perché, vedi FAVARA g.26 Gennaio 2010, il pastore si nasconde tra le pecore e lascia il bastone nelle mani di un altro che se ne serve non per dirigere e indicare la strada, ma x dare, gratuitamente, bastonate a destra e a manca ?!?”.
Anche su queste posizioni spirituali, culturali e pastorali, c’è sicuramente materia su cui riflettere.
E la Chiesa, sempre ma soprattutto in questo tempo di Papa Francesco, non solo non teme, ma affronta positivamente ogni problematica, nessuna…. proprio nessuna esclusa.
Sempre però con serietà e serenità! affronta tutte le discussioni anche le più scabrose, perché tutte possono farci di più crescere e magari meglio maturare.
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La politica è contro la scelta del Vescovo — di Franco Pullara 27.1.2010
Riuniti a Favara una trentina di sindaci della provincia per ragionare sul problema dei centri storici, udite, udite, hanno trovato il tempo per giudicare e condannare la scelta del Vescovo di partecipare, ma non di celebrare i funerali. La casta si sente danneggiata dalla Chiesa. Ci fu un tempo scellerato per la gente, quando i preti andavano a braccetto con i politici. Non siamo arrivati all’attuale degrado dall’oggi al domani. Le parrocchie erano pozzi senza fondo di voti per i baroni della politica, che di nulla dovevano preoccuparsi per essere rieletti. La Chiesa oggi ha mutato il suo atteggiamento ed è più attenta verso la gente. La politica non ci sta e accusa.
“Il crollo della palazzina – ha detto il sindaco di Favara Domenico Russello – non è certamente dipeso dalle mie responsabilità. Non era affatto un evento franoso annunciato e le parole dell’arcivescovo non hanno fatto altro che alimentare le polemiche”.
Le polemiche contro chi ? Si sta perdendo il punto della questione. Le vittime sono Marianna e Chiara. Non ci sono altri martiri.
Il resto della compagnia è responsabile.
Mai avrei voluto scrivere questo articolo, mi ci hanno tirato per i capelli.
Favara vive questi giorni di disperazione civilmente. In silenzio. L’uscita dalla Chiesa Madre dei politici non ha provocato nessuna forma di intolleranza da parte della gente e, ancora prima, durante la funzione religiosa, il popolo non ha applaudito i messaggi del Presidente della Repubblica e dei Presidenti delle due Camere. Nulla di più.
Perché sul silenzio la politica vuole alzare le barricate ? Perché in questo momento si trova il tempo di dissentire sulla decisione del Vescovo?
Si avverte che abbiamo toccato il fondo e hanno paura. La stragrande maggioranza della popolazione sta male.
La responsabilità è della politica che deve governare la società civile e non è capace di farlo.
C’è nel territorio un inestimabile patrimonio culturale e ambientale e a fronte di ciò la nostra provincia è la più povera d’Italia.
Si muore schiacciati dentro la propria casa, senza terremoto.
La notizia ha fatto il giro del mondo e la politica che fa? Se la prende con il Vescovo.
Siamo al paradosso. Il presidente della provincia chiama la gente a protestare contro la politica per l’aeroporto, ma il Vescovo non può manifestare il suo disappunto contro la stessa politica.
Il crollo di Favara avviene in un territorio che è ultimo in tutte le graduatorie nazionali sulla qualità della vita. Il malessere sociale è certificato e su questo dramma si aggiunge l’altro della morte delle due bambine e ci si infila nella polemica.
Il destino ha voluto che a pochi metri dal crollo che ha ucciso le due bimbe, nell’immediato dopoguerra si consumasse un altro tragico assassinio quello di Gaetano Guarino, sindaco onesto e primo vero rappresentante del popolo favarese.
Allora, con Guarino si uccise la speranza di una Favara diversa, oggi si vuole consumare un identico tentativo cercando di nascondere le responsabilità.
Responsabilità che appartengono a tutti ed è su questa consapevolezza che diventa inutile polemizzare.
luigi sferrazza consigliere comunale ha scritto quanto segue il 27 gennaio 2010 alle 18:26.
dopo essermi imposto il silenzio nei giorni di lutto e di dolore ho ritemuto mio dovere rendere pubblica una mia riflessione che ho mandato anche a questa testata. Tra le altre cose in questa riflessione dico che “il messaggio che in questi giorni di dolore ci viene dalla Chiesa di Favara, con l’intervento di Don Mimmo e la protesta del Vescovo di Agrigento (che ieri è stato tra noi con quel silenzio che urla e invoca il cambiamento), è arrivato nelle coscienze di tutti e ci indica la strada: “Il crollo e la morte tragica riguarda tutti. Come in un corpo solo”. Ma è necessario trasformare in popolo la folla che corre verso la casa crollata”. La denuncia silenziosa e grave del Vescovo arriva alle nostre coscienze di uomini perima che di credenti e amministratori. E dobbiamo assumerci con umiltà la responsabilità che ci appartiene e cambiare rotta. Non e lo chiede solo il Vescovo. ce lo chiede la nostra gente.
Luigi Sferrazza—consigliere comunale
Sac.Diego Acquisto ha scritto quanto segue il 28 gennaio 2010 alle 08:19.
Caro Franco, c’è del vero in quello che tu dici: “ Ci fu un tempo scellerato per la gente, quando i preti andavano a braccetto con i politici. Non siamo arrivati all’attuale degrado dall’oggi al domani. Le parrocchie erano pozzi senza fondo di voti per i baroni della politica, che di nulla dovevano preoccuparsi per essere rieletti…. La Chiesa oggi ha mutato il suo atteggiamento ed è più attenta verso la gente. La politica non ci sta e accusa”. Ma attenzione, escludendo positivamente la volontà di fare una difesa d’ufficio, bisogna dire che la Chiesa, sempre per l’attenzione verso la gente, ieri ha salvato il valore prezioso della democrazia, pur con quei limiti e quelle manchevolezze della fragilità umana, contro cui bisogna sempre lottare. Oggi, nel mutato contesto socio-politico, necessariamente, per essere fedele alla sua nativa vocazione, deve avere un modo diverso di attenzione verso la gente. Anche in questo caso non è esente da possibili pecche umane, come quella di sentirsi gratificata da un’ondata di facile populismo, che porta soprattutto alcuni poco praticanti delle cose di Chiesa, ad interpretare alcune omelie, magari particolarmente incisive e profetiche, con la categoria del comizio in favore della propria parte politica, arrecando così, anche se inconsapevolmente, un danno, prima alla propria parte politica, poi alla gente, e quindi alla Chiesa. L’omelia deve essere presa come tale, cioè come messaggio squisitamente religioso; e da parte di tutti – proprio di tutti, a partire dallo stesso predicatore – accolta con atteggiamento di conversione interiore.
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