A proposito della scritta “LA CHIESA è del POPOLO”, nel travaglio post-conciliare della Chiesa favarese
Damiano Zambito – Diario- “Quando non c’era Papa Francesco—Storia di un’esperienza religiosa in terra di Sicilia–Graus editore
Dopo un giorno di interruzione, riprendo la lettura del “diario” del collega ed amico Damiano Zambito, con cui ho fatto assieme per un decennio, un tratto di strada nell’esercizio del ministero presbiterale, in una cordiale consonanza di idee, progetti pastorali e difficoltà. E ciò, nonostante la notevole diversità dei metodi formativi vissuti negli ultimi, fondamentali quattro anni di preparazione, cioè gli anni degli studi teologici, lui nella facoltà teologica dei Gesuiti di Posillipo a Napoli ed io nel Corso Teologico del Seminario ad Agrigento, prima della consacrazione sacerdotale del giugno 1963.
Successivamente i nostri percorsi operativi si sono gradualmente divisi e anche strutturalmente diversificati, dopo la “sua” richiesta di riduzione allo stato laicale. Anche se entrambi per un trentennio, come docenti di discipline diverse abbiamo lavorato nel campo della scuola.
Nel piacere di leggere le bozze di questo suo diario, arrivando d’un fiato, alla ripresa, sino alla fine, mi pare di aver trovato conferma di quanto sempre avevo pensato, circa la comune tensione, per una fede incarnata nella storia, con un percorso di “liberante umanizzazione”, per costruire una società di fratelli, segno concreto dell’amore di Dio.
Riprendendo la lettura del “diario” al terzo capitolo, ho sotto gli occhi il titolo di un articolo, a caratteri cubitali, su uno dei quotidiani siciliani più diffusi. Un titolo che dice “Chiesa rossa o bianca ?”. Soddisfo subito la mia curiosità, venendo a conoscenza di una lite in tribunale che ormai dura da oltre due decenni tra Curia e Soprintendenza, in una diocesi confinante con la nostra, per la tinteggiatura della facciata di una Chiesa di notevole valore storico-artistico.
E intanto ho ancora fresca nella mente le cronaca sul recente incontro dei Movimenti Popolari – (per l’Italia era presente lo storico centro sociale milanese Leoncavallo)- con Papa Francesco, che ha colto ancora una volta l’occasione per respingere l’accusa di essere comunista ed anzi di dire che l’amore per i poveri è proprio del Vangelo e che le idee sui poveri i marxisti proprio al Vangelo le hanno “rubate”.
E mentre continuo la lettura del “diario”, trovo come una metafora interessante, quella del colore bianco o rosso; il primo colore richiesto dalla Curia, mentre il secondo è quello effettivamente realizzato dalla Soprintendenza, sorda agli inviti curiali.
Alla metafora che continua ad occupare la mia mente sembrano dare risposta le parole di Papa Francesco, alla cui personalità carismatica il “diario” fa esplicito riferimento nel titolo, che l’autore ha scelto.
Sì, credo proprio così, perché la Chiesa e la società siciliana, e quella ecclesiale agrigentina in particolare, all’indomani della conclusione del Concilio Vaticano II e soprattutto negli anni successivi al famoso ‘68 , con intensità crescente nella prima metà degli anni ’70, sono attraversate da un travaglio socio-culturale, spirituale e politico, senza precedenti. E tutto, mentre sullo sfondo continuava a far paura lo spettro del Comunismo, con tutto quello che questo significava ancora sul piano interno e internazionale.
La situazione socio-politica, con le comprensibili ripercussioni sul piano religioso, cambierà decisamente nel 1989, con la caduta ( o abbattimento come altri preferiscono dire) del Muro di Berlino, simbolo di un fallimento antropologico prima che politico, ben spiegato da Giovanni Paolo II nella “Centesimus Annus” del 1991.
Alla luce di quanto sopra, il “diario” di Damiano Zambito si rivela un documento straordinariamente interessante, perché testimonianza di un protagonista che quel travaglio ha vissuto e sofferto, offrendo adesso, in una situazione socio-politico-religiosa completamente diversa, importanti spunti di riflessione, alla Chiesa anzitutto, ed alla società civile.
Perché, alla Comunità ecclesiale agrigentina del tempo, nel suo complesso, si deve sicuramente addebitare una carente propensione verso la profezia, per un’accentuata formazione centrata sui principi dottrinali, con conseguente impreparazione e quindi lentezza nel capire il cambiamento culturale innescato dal Concilio Vaticano II, che si era concluso nel dicembre 1965. Anche se è sempre da mettere in conto una certa difficoltà, quasi fisiologica e strutturale per l’istituzione, a stare dietro a posizioni profetiche, con conseguenti sofferenze per tutti.
Così è sempre , in genere, avvenuto, anche se non dovrebbe avvenire. Anche con don Milani, prima condannato, ed adesso in fase di graduale celere rivalutazione, …. scelto negli anni ’70 come modello di comportamento pastorale proprio da Zambito.
Alla società civile è risultato via,via sempre più chiaro che tanti sogni di rinnovamento sociale a vantaggio delle classi più deboli, si sono gradualmente trasformati, specie per i riformatori cosiddetti “duri e puri”, cioè i più radicali e coerenti, in cocenti delusioni, via via crescenti negli anni, sino all’attuale “rosso” assai sbiadito di marca renziana, attualmente al potere con oltre il 40% del consenso degli italiani; ma un “rosso” sicuramente assai diverso da quello degli anni ’70.
Per tutto questo un raffronto con l’oggi delle vicende narrate da Damiano, con pungente ed accattivante vivacità di stile, ( in cui, tra l’altro, non si trascura mai di mettere abilmente in risalto le umane fragilità dei responsabili), offre nell’insieme uno spaccato di travaglio umano e culturale di quel periodo,. Un periodo davvero interessante, ricco di fermenti sociali e per la Chiesa anche di profezia, la cui difficoltà di interpretazione ha provocato sofferenze e lacerazioni che, con maggiore apertura allo Spirito, potevano essere evitate.
Sul piano del rapporto fede e politica, la caduta (o abbattimento) del Muro ha eliminato la necessità del Partito unico dei cattolici, la cui unità si è spostata solo sui valori o meglio – come si preferisce dire oggi – principi, non negoziabili. Ciò ha anche portato davvero alla fine di ogni collateralismo, quando invece negli anni ’70 alla demonizzazione del collateralismo con la DC, a giudizio di molti, non sembrava corrispondere un uguale atteggiamento di rigore verso i Partiti della Sinistra, soprattutto il PCI, immaginati come gli unici difensori dei poveri, la cui scelta preferenziale è per un cristiano un valore evangelico imprescindibile.
Considerando l’attuale scenario, in rapporto al travaglio precedente, così come efficacemente descritto da Zambito, non mettendo in forse la buona fede di nessuno, si tocca con mano come procedono le vicende umane , anche ecclesiali, in cui ognuno, per la sua parte e secondo i dettami della sua coscienza, con i condizionamenti del particolare momento, a suo modo, ha il dovere di assolvere al suo ruolo, con tutto il carico dei suoi limiti e delle sue fragilità.
Nella sua qualità di assistente diocesano della Gioventù di Azione Cattolica, dei tanti problemi concreti da Zambito affrontati con forte determinazione, consapevolezza e sofferti con grande dignità, … alcuni dei quali, hanno allora non poco influito negativamente sulla sua vicenda personale, … oggi appaiono di fatto superati.
Commoventi, condivisibili e meritate le numerose testimonianze riportate alla fine, con tutto il carico di passione, idealità, convinzioni ed emozioni tra i giovani, che quel particolare periodo e la carica dirompente delle forte, ricca e matura personalità di Damiano aveva saputo suscitare ; un periodo che anch’io ricordo con nostalgia e rammarico, positivamente tanto diverso da quello attuale, segnato dal discredito della politica, e purtroppo da tanta apatia e non poca indifferenza.
Diego Acquisto
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——Ho pubblicato l’articolo di cui sopra, perchè oggi sul social più diffuso…. viene riprposta una foto di Favara, 1976... Franzoni a Favara, nella “Chiesa del Popolo”. Parla Giovanni Franzoni… accanto a lui Luigi Sferrazza e Antonio Vetro…
A commento di questa fototo, si è sviluppato un interessante scambio di opinioni, che si rifanno a quel periodo particolarmente travagliato, non solo per la Chiesa, ma anche per la società.
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Ecco in sintesi :
- Umberto Re–Io ho pubblicato sul Giornale di Sicilia una foto, allora rigorosamente in bianco e nero, in cui campeggiava la scritta “La chiesa è del popolo”, con gli strali del vescovo Petralia che sosteneva che la chiesa era di Dio
Angelo Santamaria ….la Chiesa: ne’ solo di Dio ne’ solo del popolo: È il popolo di Dio.
- Luigi Sferrazza—-Angelo Santamaria con ‘Poppolo’, in quella scritta, si intendeva il Popolo di Dio. E tutti lo capivano.
Luigi Sferrazza allora: la Chiesa è di Dio e il Popolo pure: l’importante è intendersi, senza creare contrapposizioni.
- Luigi Sferrazza—-Angelo Santamaria non sono interessato a queste riflessioni che ritengo abbondantemente fuori contesto e fuori dalla storia. Negli anni 70 nella Chiesa agrigentina c’ è uno scontro di culture, di visioni teologiche che nessuno ha saputo o voluto arginare. Con esiti di lacerazioni mai sanate.Fine modulo
- Antonio Nuara…. La Chiesa agrigentina non era culturalmente preparata all’evento del Concilio. Era una Chiesa piuttosto conservatrice. Con tutto il rispetto per l’Arcivescovo Peruzzo, eletto allora Presidente dei Teologi italiani, da noi si era fermi al Concilio di Trento. In Teologia non si trovavano i testi adottati perché non più in produzione. Per alcuni testi siamo ricorsi ai sacerdoti che già erano usciti dal Seminario. ……. Uno studio proteso al passato e non proiettato nel futuro. Anche la vita di Seminario, negli anni di teologia, quando c’era in corso il Concilio, c’era lo “stato militare”: le perquisizioni degli armadi e dei materassi era frequente. Le riviste Concilium e Il Regno che parlavano delle tematiche del Concilio erano bandite. Però i Parroci ricevevano i mafiosi e accettavano doni e posti per i propri parenti in cambio di voti e le sacrestie con tanto di manifesto appeso e di fac-simili sulla scrivania, nei periodi elettorali diventavano succursali di questo o di quell’altro candidato (appoggiato da questo o quell’altro mafioso della zona. Il collateralismo chiesa e mafia era solido. Il Cardinale Ruffini dichiarava pubblicamente che “la mafia non esiste”. “I preti di Favara” lottavano e non erano soli, eravamo in tanti ad appoggiarli. Giustamente Damiano Zambito, grande prete e trascinatore di giovani, ha avuto ragione a scrivere che se ci fosse stato Papa Francesco, certe cose non sarebbero accadute. Le loro istanze erano legittime e sacrosante, ma non comprese da un clero ancora ancorato al Concilio di Trento. Più che un lavoro di comprensione e di discernimento che proveniva dalla base, si è preferito il muro contro muro che portò il gruppo a lasciarsi cooptare dal partito comunista. È questo è stato un errore che causò anche l’abbandono di un buon numero di preti. E “I Preti di Favara e Alfonso Di Giovanna” ridotti allo stato laicale. In occasione del Giubileo della Misericordia in molti abbiamo chiesto e desiderato che si trovasse una conciliazione, ma non se ne fece nulla. La ferita resta sempre aperta, anche se qualcuno ormai non c’è più. Da un confronto tra quei momenti e i documenti del Concilio, non c’è molta differenza.
Enzo Di Natali—–Antonio Nuara caro don Antonio. ti prego di scrivere queste considerazioni in un opuscolo perché ai fini della ricostruzione storica hanno un valore come testimonianza documentale.
- Carmelo Antinoro-–Se pensiamo che il primo consigliere comunale della democrazia cristiana a Favara fu il sac. Salvatore Pirrera poi divenuto.
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Un’attenta e specifica ricostruzione storica dei fatti andrebbe fatta mentre sono disponibili gli attori e soggetti che hanno vissuto gli eventi, ciò per non lasciare margine ad interpretazioni e speculazioni postume. Ero studente liceale quando questi “fermenti” turbarono la chiesa Agrigentina, ma che captarono favori del movimento studentesco di sinistra. Sarebbe ora di chiarire…La storica Chiesa del Popolo!
Quando Favara era in prima pagina e al centro del mondo… -
- Diego Acquisto-In “FRAMMENTI di VITA”….pag. 92….una presentazione e rivisitazione, dal mio punto di vista …, degli eventi favaresi….a proposito dell’invito a leggere il “Diario di Damiano Zambito “Quando non c’era Papa Francesco”…Storia di un’esperienza religiosa in terra di Sicilia……
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