Il mistero grande dell’ebraismo, a margine del film “Bocche inutili”
Ben riuscita la prima serata della presentazione ad Agrigento del film “Bocche inutili”, nella grande sala del Ciak, quasi al completo per oltre i tre quarti.
“Bocche inutili”, film-evento di Claudio Uberti, prodotto dai favaresi Angelisa Castronovo ed Tonino Moscatt, presenti in sala, così come la principale protagonista Margot Sikabonvi e gli altri componenti del cast del film.
Nel 77° Anniversario della Liberazione il film ripropone alla riflessione uno degli aspetti più mostruosi della shoah che riguarda le donne ebree, trattate da femmine private della loro umanità e identità. Donne, che tuttavia, per quanto possibile, insieme unite in un vincolo di reciproca solidarietà, trovano il modo di farsi reciprocamente forza, per resistere alla fame, alle inaudite violenze che ricevono da parte dei gendarmi nazisti che le deridono, maltrattano, violentano, compiono sperimenti medici sui loro corpi, con ogni genere di abusi e sevizie, magari fino a ucciderne qualcuna.
Storie proprio vere, che fanno toccare con mano attraverso la potenza e crudezza delle immagini, l’inferno dell’Olocausto con la carica di antisemitismo che puntava a quella che Hitler chiamava “soluzione finale”, cioè totale eliminazione della razza ebraica.
Quelle del film sono storie prese da testimonianze documentate; storie brutali e contestualmente coinvolgenti. La protagonista è Ester, ebrea italiana di 40 anni, rimasta sola nel campo di transito di Fossoli, località dell’Emilia-Romagna , vicino a Carpi, dove ha modo di legarsi in amicizia con Ada, e poi trasferita a Ravensbrück. Durante la prigionia Ester (Margot Sikabonyi) deve nascondere la propria gravidanza, con il prezioso aiuto dell’amica Ada e delle altre donne che vivono la stessa condizione di privazioni, soprusi e angherie.
Ester non si perde d’animo, nemmeno quando viene mandata in un altro campo, evitando il convoglio verso Auschwitz che l’avrebbe portata a morte. Il gruppo-donne con Ada ha una missione: salvare il bambino che Ester ha scoperto che sta portando dentro di sé. Il bambino verrà alla luce e riuscirà con la madre a salvarsi.
La vita insomma, pur in mezzo a tanti orrori, ha la meglio e trionfa. Questo film tra i tanti dedicati alla Shoah esalta anzitutto la forza della donna. di una donna, protagonista assoluta di fortezza e coraggio, con il suo senso di protezione e rete di solidarietà che riesce a creare con le sue compagne di sventura.
Il film nel suo insieme ripropone a mio giudizio il grande mistero che riguarda la razza semitica ed il popolo ebreo in particolare. Un popolo l’ebreo dalle lontanissime origini. Dato che Dio, quando ha pensato all’incarnazione del suo Figlio per redimere l’umanità, decide di scegliere tra tutti i popoli – (vedi caso!) – quello ebreo che era un popolo che si trovava schiavo in Egitto e che decide di liberarlo, con la guida di un personaggio eccezionale come Mosé. Il Quale, scampato dalla persecuzione del faraone, crebbe educato alla corte egizia, e dato che in un impeto d’ira per difendere un suo connazionale ingiustamente vessato, aveva ucciso un egiziano e quindi fuggire nella terra di Madian, dove sposò Zippora figlia del sacerdote locale.
Mosè poi, mandato da Dio, torna in Egitto, affronta il Faraone e guida il popolo ebraico verso la libertà, con tutte le vicende che la storia biblica dettagliatamente racconta.
Mosè è figura fondamentale dell’Ebraismo. E quando il Figlio di Dio nasce, membro di questo popolo, il luogo è una povera stalla di Bethelem in Giudea. Che mistero ! Gesù, Dio e uomo ad un tempo, vero ebreo, inserito in questo popolo, vive per 30 anni a Nazareth, una città marginale e di non buona fama della Galilea, da cui si pensava non potesse venire nulla di buono. E dove vive un’umile, dimenticata fanciulla di nome Maria. Che viene prescelta da Dio come madre del suo Figlio la cui umanità è concepita per opera diretta dello Spirito. E Maria ha accanto un uomo, umile e povero artigiano,…Giuseppe, uomo di fede che accetta il mistero e sta accanto a Maria per tutelarne l’onorabilità.
Questo ebreo di nome Gesù, che dopo avere subito ed accettato ogni genere di offese (…beffeggiato…strattonato,…burlato e ridicolizzato… sputacchiato, schiaffeggiato, flagellato…!) muore in Croce.
Quindi viene messo in un sepolcro custodito dalle guardie; ma al terzo giorno da morto esce vivo dal sepolcro. Ed è più vivo di prima ! Perché Risorto non muore più. Con il suo corpo glorificato. appare ripetutamente agli Apostoli, entrando, anche a porte chiuse; ed appare anche a molti testimoni. Si lascia toccare, mangia con gli apostoli, e dopo 40 giorni con la sua umanità, presa da Maria, …un’ umanità ormai glorificata ascende al cielo e siede alla destra del Padre.
E sappiamo tutti quello che storicamente è avvenuto, da quel momento in poi, con la Chiesa da Lui voluta, con la lunga schiera dei martiri, da oltre duemila anni sino ai nostri giorni. Nei quali adesso a guidare la Comunità-Chiesa dell’ebreo Gesù di Nazareth ed ad annunziare il Suo messaggio, c’è questa Sua famiglia: la Chiesa guidata da Roma da Papa Francesco, successore di Pietro, primo vescovo di Roma che ha subito il martirio sul colle Vaticano, sotto l’imperatore Nerone.
Diego Acquisto
01-05-2022
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