Il Prof. Carmina da ragazzo pensava anche di diventare prete
Un ricordo del prof. Piero Carmina, nel periodo quando pensava di diventare prete. Ho davanti il calendario, che mi ha appena inviato un suo coetaneo dell’anno scolastico 1964-65. Il calendario del Seminario Vescovile Maggiore e Minore – Agrigento e Favara, con l’elenco dei seminaristi di tutte le classi.
Per quanto riguarda la seconda media, del Seminario Minore di Favara ho davanti l’elenco di una delle due classi. Un elenco di 28 ragazzi, in ordine alfabetico, in cui al sesto posto c’è Carmina Pietro di Ravanusa. Dei 28 ragazzi di questo elenco di una delle due classi di seconda media, solo uno, proveniente da Naro, è diventato prete, ed in atto esercita il ministero presbiterale a Canicattì. Facile capire quindi che il Seminario Vescovile, soprattutto quello Minore di Favara, fungeva proprio da “vocazionario” in cui, con lettera di accompagnamento del proprio parroco, si veniva accolti per studiare la propria vocazione e quindi liberamente decidere.
Un solo prete su 28 ! perché tutti gli altri, – (non pochi dopo la scuola media, altri dopo la quinta ginnasiale o ai primi anni di liceo) – hanno lasciato il Seminario perché hanno capito che quella del sacerdozio non era la loro vocazione.
E quindi altro percorso culturale e formativo per inserirsi diversamente nella vita con un non meno sacro impegno di presenza. Naturalmente sviluppando i propri talenti, nell’esercizio di varie professioni e magari inserendosi anche più attivamente nella vita sociale e magari politica, riuscendo poi anche ad occupare nei vari rami, posti di notevole responsabilità.
Il prof. Piero Carmina, – (del quale giustamente tanto si parla oggi, per la tragedia con sui si è conclusa la sua vita terrena) – si è inserito bene nel mondo della scuola, dove ha lavorato proficuamente per tanti, tanti anni, stimato e benvoluto, sino al 2018. Quando, prima di andare in pensione, nel suo ultimo giorno di scuola, ha lasciato scritta ai suoi studenti del liceo classico di Canicattì, una memorabile lettera di addio, le cui parole dopo la sua tragica morte nell’esplosione di Ravanusa, riecheggiano molto nel cuore, nelle menti e nell’anima di tanti.
Parole che lo stesso Capo dello Stato Sergio Mattarella, alla fine dell’anno, nell’ultimo suo intervento alla scadenza del suo settennale mandato, ha voluto riprendere e lasciare quasi come suo testamento spirituale e politico.
Ecco le parole scritte dal prof. Carmina, riprese e rilanciate ai giovani, dal Presidente Mattarella:
“Usate le parole che vi ho insegnato per difendervi e per difendere chi quelle parole non le ha. Non siate spettatori ma protagonisti della storia che vivete oggi: infilatevi dentro, sporcatevi le mani, mordetela la vita, non “adattatevi”, impegnatevi, non rinunciate mai a perseguire le vostre mete, anche le più ambiziose, caricatevi sulle spalle chi non ce la fa: voi non siete il futuro, siete il presente”.
Devo comunicare a chi avrà la bontà di leggermi, che come docente di francese nei tre anni di scuola media, ho avuto modo di praticare e conoscere Piero Carmina, proveniente da Ravanusa, ragazzo dodicenne, durante gli anni scolastici 1963-64,… 65-66-67 nel Seminario Minore di Favara. Un alunno tranquillo, intelligente, riflessivo, di animo buono e di carattere fermo e molto determinato. Capace anche però di fare un passo indietro quando necessario, cioè, quando ragionevolmente veniva convinto del contrario.
Ricordiamo che gli anni ’60 del secolo scorso per la scuola italiana, furono gli anni in cui si allargavano gli scenari pedagogici ed uno scossone forte veniva soprattutto dall’esperienza formativa portata avanti nella scuola di Barbiana dal prete fiorentino don Lorenzo Milani. Il Quale stimolava tutto il mondo docente a sapere formare un popolo libero, capace di ragionare, pensare, essere artefice del proprio futuro, animato dal desiderio di lottare contro le ingiustizie e le diseguaglianze. E, se necessario, con il coraggio anche della “giusta disobbedienza”.
Diego Acquisto
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