“Il Vegliardo di Patmos”, romanzo di don Vincenzo Arnone
A San Nicola alla Valle dei Templi, si parlerà del “Vegliardo di Patmos”, romanzo del favarese don Vincenzo Arnone. Un evento culturale di notevole rilievo, dopodomani 10 settembre alle ore 18,00 quando, presente l’Autore, sarà don Lillo Argento, rettore della Chiesa S. Nicola ad introdurre. Seguiranno gli interventi dell’ Arcivescovo – metropolita di Agrigento Mons. Alessandro Damiano, della dott.ssa Vincenza Ierna presidente della “Società Dante Alighieri” del Comitato di Agrigento, e di altri. Alcune Letture del romanzo saranno curate da Simona Collura, – (già allieva della rinomata, favarese Accademia Palladium) – che – ricordiamo si è affermata alla RAI nelle puntate del seguitissimo programma : “Ti lascio una canzone”. Dove è risultata una delle voci più belle d’Italia, partecipando quindi poi a numerosi concorsi canori, posizionandosi sempre al primo od ai primi posti.
Una serata quindi, che anche per questo si preannuncia molto interessante, perché – chissà ! – se a Simona sarà consentito di fare gustare pure qualcosa del suo vasto repertorio canoro, più o meno collegato alla cultura biblica, a tutti saremo tutti richiamati dal “Vegliardo di Patmos”.
Questo, un romanzo originale, ultima opera interessante delle tante già pubblicate da questo prete-scrittore favarese don Vincenzo Arnone. Opere tutte che ruotano sempre attorno ad un intreccio avvincente tra Bibbia e letteratura, giudicate da Claudio Toscani su Avvenire “Una collana di perle”.
“Una collana che si conclude di solito con un gioiello” che è appunto quest’ultimo originale romanzo che si inserisce bene nel ricco filone narrativo biblico delle opere di don Vincenzo Arnone, che ha ricreato personaggi ed eventi di particolare importanza storico-salvifica.
“La metafora della “Collana di perle” non è peregrina – dice Toscani – perché Vincenzo Arnone, “prete-scrittore”, “da anni va creando opere che ora sigilla con un pregiato romanzo, “Il Vegliardo di Patmos”.
Una parola questa “vegliardo” che può trarre in inganno, avendo assunto un valore dispregiativo, specie nell’attuale contesto di una cultura giovanilistica adesso imperante e che da qualche decennio, rispetto al passato, ha visto perciò incrinato il valore sociale.
“Vegliardo”, una parola,allora questa, che invece in Arnone riprende pienamente il suo dignificato di sempre, come spiegato in tutti i dizionari, cioè di persona veneranda, saggia, che ispira autoritativamente grande rispetto.
Patmos, è un’isola dell’Egeo, una delle più settentrionali del complesso delDodecaneso, famosa perché, secondo la tradizione cristiana, l’apostolo Giovanni, autore del quarto Vangelo, figlio di Zebedeo e (come ci dice l’Arnone) di Salomé; dopo la Pentecoste fu in questa isoletta esiliato, pare, dall’imperatore Domiziano, dal 95 sino al 100 – 110 d.C., decennio quest’ultimo in cui a Patmos avvenne la sua morte.
E proprio durante questo periodo l’apostolo Giovanni ebbe le sue famose visioni da Gesù, che portarono alla redazione del Libro dell’Apocalisse, ultimo dei 73 che compongono la Bibbia. Apocalisse che significa Rivelazione.
Nel romanzo di Arnone “Il Vegliardo di Patmos”, la figura dell’apostolo Giovanni, chiamato “il discepolo che Gesù amava”, una figura che sempre ha suscitato grande interesse e profondi interrogativi, risulta sommamente esaltata.
Giovanni che, all’inizio del suo Vangelo tiene a precisare che “al principio era la Parola”, in questo romanzo viene invece narrato e presentato come l’ uomo del silenzio. E giustamente qualche critico ha fatto notare “Come se le parole di Gesù fossero custodite nel suo silenzio così come tutti i momenti che aveva vissuto in sua compagnia”. Ricordi questi che gli procuravano una grande felicità, unitamente ad una profonda e sana inquietudine.
Il vecchio Ermogene, nell’espediente letterario usato da Arnone, racconta tutto quello che dell’apostolo a Patmos ha ben conosciuto. E siamo a pochi anni di distanza dalla sua morte, quanto racconta Ermogeneal suo “caro Marone” ; glielo racconta perché anche lui ne faccia tesoro e contribuisca anzi a tramandarlo alle nuove generazioni.
Un romanzo insomma davvero interessante, – che con un indovinato espediente letterario ed in uno stile semplice e piano, oltre a sollecitare ad approfondire il messaggio di salvezza del Nazareno – ci fa conoscere luoghi, usanze, tradizioni, costumi particolari, davvero interessanti e propri di quel tempo e di quei luoghi precisi, dove il messaggio della salvezza , con l’incarnazione è stato consegnato all’umanità.
Diego Acquisto
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