FAVARA – Dove è finita quella forza proletaria di Favara della metà degli anni ’60 e ‘70 ! – Dove sono quei capi-popolo, capaci di organizzare le masse ?
A Favara, mentre abbondano i problemi, c’è comunque voglia di ripresa e desiderio di votare. Il momento non è sicuramente facile con cumuli di immondizia dovunque, sin sotto le finestre dei vari Uffici Comunali, sicuramente collocati lì per un segnale provocatorio nei riguardi della classe dirigente ai vari livelli. E forse anche contro la pletora di impiegati comunali, molti dei quali percepiscono regolarmente lo stipendio, mentre altri che magari svolgono le stesse funzioni, se non più impegnative, non essendo ancora regolarmente inquadrati, lo percepiscono in maniera inferiore e forse in alcuni mesi pure con una certa difficoltà.
Ma fra tutti i lavoratori, quelli che senza se e senza ma, hanno ragione in maniera indiscutibile, sono gli operatori ecologici, che devono ancora percepire alcune mensilità, con tutto quello che questo comporta per le loro famiglie.
Se si organizza un pubblico dibattito, sicuramente ognuno dimostrerà di aver compiuto il proprio dovere, nell’ambito dei suoi poteri e doveri. E, sul filo logico del loro ragionamento, pare proprio che non ci sia nulla da obiettare.
Ma la conclusione alla fine è quella che abbiamo detto sopra, che cioè gli unici ad avere veramente ragione da vendere, senza discussione e senza possibilità di equivoci, sono solo gli operatori ecologici che il lavoro lo hanno effettivamente prestato ed ancora non sono stati pagati.
L’unica idea nuova recentissima è stata quella di un Consiglio Comunale aperto, subito bocciata a causa del Covid dal Presidente del Consiglio Comunale Totò Di Naro; che però ha colto l’occasione per denunciare le incongruenze di comportamento di non pochi Consiglieri Comunali, che sino ad ieri pare che abbiano bocciato delibere riguardanti in qualche modo il problema, ed oggi invece chiedono un Consiglio Comunale aperto.
Precisato sommariamente quanto sopra, ci resta solo da gridare che FAVARA deve trovare la forza di reagire, per salvare se stessa e prepararsi al futuro. In qualche altra simile circostanza qualche via d’uscita si è trovata.
Favara non può e non deve cedere alla rassegnazione, allo scetticismo, alla deriva dell’indifferenza di chi pensa che i furbi e le clientele trovano sempre come sopravvivere. Deve reagire alla logica degli annunci.
L’unica tensione da incrementare però in ogni modo è solo quella morale, la cui carenza non solo incide negativamente sulla qualità della vita ordinaria, ma provoca un grave degrado sociale, che poi potrà essere sempre più difficile recuperare.
A mio giudizio, la colpa più rilevante della politica locale degli ultimi dieci anni a questa parte, è stata quella di avere bruscamente penalizzato l’informazione, eliminato soprattutto i dibattiti televisivi, e gradualmente scoraggiato in ogni modo la partecipazione democratica dei cittadini alla vita della città.
Mi chiedo e chiedo : “Dove è finita quella forza proletaria di Favara della metà degli anni ’60 e ‘70, capace di protestare vivacemente (per problemi meno gravi di quelli attuali) e scendere massicciamente in piazza ? Dove sono quei capi-popolo, capaci di organizzare la massa ! Pare che siano del tutto scomparsi. Perché ? si sono imborghesiti sino a questo punto ?”.
Il futuro di Favara deve essere affidato a persone, serie, volenterose e preparate che fortunatamente non mancano, per sviluppare una cultura nuova di relazioni. Una cultura che si faccia carico della complessità dei problemi, dei processi e delle mutazioni sociali, specie dopo questo tempo di pandemia.
Bisogna sapere intercettare i problemi reali, stando davvero in mezzo alla gente, visualizzando di persona i problemi concreti e controllandone la possibile soluzione “in itinere!”, con l’energia capace di possibili sanzioni, senza guardare in faccia nessuno, quando si tratta del bene comune. Persino Papa Francesco recentemente ha sentito il bisogno di parlare di “punizioni” come salutare “medicina di misericordia“, per il colpevole e per la collettività.
Il popolo, dopo le lusinghe del recente passato, deve riprendere ( e comunque democraticamente sarà moralmente costretto a farlo !), la propria sovranità il prossimo 10 ottobre, data nella quale ogni cittadino dovrà scegliere nel segreto dell’urna la classe dirigente del Comune; una data per la quale mancano solo poco più di tre mesi.
Da favorire subito intanto, quel sano orgoglio favarese di ripresa di sovranità e voglia benedetta di essere protagonisti per un futuro diverso e migliore.
Diego Acquisto
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