Nella logica di decentrarsi per trascendersi, l’ordinazione di sei nuovi diaconi per la Chiesa Agrigentina
La solenne cerimonia di ordinazione si é svolta nel tardo pomeriggio di ieri nella Cattedrale di S. Gerlando, presieduta dall’arcivescovo coadiutore Mons. Alessandro Damiano, a cui ha comunque partecipato anche il titolare, card. don Franco Montenegro.
Nella cornice di festa delle grandi occasioni, l’arcivescovo don Alessandro – (che come è noto si prepara a succedere a don Franco nella guida della Chiesa Agrigentina)- ha presieduto per la prima volta una celebrazione particolarmente significativa ed importante, come questa di sei diaconi.
E per questo don Alessandro all’inizio della sua omelia ha voluto espressamente ringraziare il cardinale don Franco, che gli ha voluto – ha detto – “fare vivere per la prima volta” dopo la sua consacrazione episcopale, “questa forma praticolissima di paternità spirituale” con l’ordinazione di questi sei diaconi.
Diaconi che – bisogna specificare – non sono permanenti, ma transeunti. Cioè a differenza dei permanenti che – sia che siano celibi che uxorati – prestando il loro prezioso servizio nella liturgia ed a favore dei poveri, rimangono sempre tali, i diaconi transeunti invece, come previsto dal Codice di Diritto Canonico, dopo aver prestato per un certo tempo il servizio diaconale specifico, vengono ordinati presbiteri.
Il servizio diaconale cioè per questi diaconi transeunti, come dice la stessa parola usata dal diritto canonico, risulta essere solo un momento importante di passaggio, e quindi l’anticamera del servizio ministeriale e pastorale come sacerdoti, nel posto che verrà loro assegnato, in ubbidienza al Vescovo.
A cui già da diaconi, ancora più poi, a maggior ragione da presbiteri, si giura “filiale rispetto ed obbedienza”.
E la promessa di ubbidienza è già uno dei momenti particolari della cerimonia di ordinazione diaconale, unitamente al momento essenziale dell’imposizione delle mani per la discesa dello Spirito; preceduto questo momento dal canto della litania del Santi, durante il quale i sei ordinandi sono rimasti distesi a terra con la faccia in giù, in riflessione, preghiera e segno di totale donazione.
I sei nuovi diaconi sono: Giuseppe Licata, dell’ Unità Pastorale “Santa Maria dei Tre Re ” di Aragona; Gioacchino La Rocca: della Comunità ecclesiale “S. Giovanni Battista” di Campobello di Licata; Ignazio Bonsignore della parrocchia “B.M.V. di Fatima” di Agrigento; Gioacchino Atanasio Vassallo della comunità “Maria SS. del Rosario” di Palma di Montechiaro; Calogero Salli della “B. M. V. del Buon Consiglio” Porto Empedocle e Antonio Gucciardo del “Santuario SS Crocifisso” di Siculiana.
Sei giovani uomini, con esperienze varie ed un vissuto assai diverso, come differente è la loro età; con qualcuno che ha superato appena di qualche anno i cinque lustri di vita, e chi invece di lustri ne ha di più.
Tutti provenienti quindi da esperienze e corsi di studio diversi, con qualcuno pure già laureato, e magari già avviato ad esercitare una promettente e lucrosa professione, sino a quando anche lui non ha sentito la chiamata di Dio.
Nel corso dell’omelia don Alessandro nella logica del decentrarsi per trascendersi, ha parlato, tra l’altro, di obbedienza e di castità.
L’obbedienza al Vescovo, non come vassallaggio o sottomissione ad una persona fisica, ma al ministero che quella persona esercita; cioè in pratica un’obbedienza alla Chiesa.
La castità non è per una visione avvilente del matrimonio o della sessualità, ma per una scelta di libertà e disponibilità al servizio di Dio e della Comunità. Liberi da ogni forma di possesso; la logica del vero amore è sempre una logica di libertà; e l’amore che vuole possedere è sempre pericoloso.
San Giuseppe – come dice Papa Francesco nella recente lettera apostolica “Patris corde”, “con cuore di Padre”, ha saputo decentrarsi e mettere al centro Maria e Gesù, cioè la Comunità di credenti.
Diego Acquisto
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