Favara – Festa a S. Vito per il 25° di don Mario Chiara, tra memoria e profezia
Forse è prevalsa la memoria, anche se non è mancata la profezia, nell’accoglienza festosa ieri a S. Vito di don Mario Chiara, il diacono permanente più conosciuto in diocesi, festosamente accolto dalla Comunità parrocchiale dove ha ricevuto con il battesimo il primo annuncio della fede. Che poi ha coltivato e fatto crescere, favorito anche da una famiglia profondamente cristiana, la cui casa era ed è quasi fisicamente addossata al muro perimetrale della Chiesa.
E la memoria è inevitabilmente andata agli anni della fanciullezza di don Mario, a quel gruppo di ragazzi della scuola elementare, cosiddetto dei chierichetti; parola allora usata, al posto di quella oggi di “ministranti”. I quali dovevano imparare le risposte della Messa in latino, con l’inflessibilità del Parroco che non ammetteva al servizio quanti non avessero imparato bene le risposte, compreso, prima del Prefazio, il difficile “Suscipiat” (Suscipiat Dominus sacrificium de manibus tuis…etc….il Signore riceva il sacrificio dalla tue mani….ecc…).
Un gruppo allora quello dei chierichetti-ministranti assai numeroso, quando la configurazione demografica della Parrocchia era completamente diversa da quella attuale, con il triplo degli abitanti di ora e con tantissime famiglie di giovani sposi.
Una celebrazione quella di ieri, sobria, dignitosa, semplice e pure solenne, con alla pianola Luigi Farini sostenuto dal Coro Parrocchiale, in una cornice di festosità casalinga, in cui la gioia di ritrovarsi insieme era palpabile anche da parte del massimo numero consentito di persone, che, secondo le norme in vigore in questo singolare tempo di pandemia-coronavirus, hanno potuto partecipare.
Presente al completo il Gruppo liturgico e dei catechisti, il Consiglio Pastorale Parrocchiale ha dato il benvenuto a don Mario, tramite Lillo Montaperto (nella foto) e Mariagrazia Picillo.
Il primo ha preferito tracciare a grandi linee il cammino di una parrocchia che, pur con tutti i limiti e le fragilità umane, evitando sempre gli steccati e le chiusure, ha accolto e favorito la crescita e maturazione di tante coscienze e persone con vocazioni diverse, che hanno dato e danno un contributo alla pastorale cittadina e non solo, come pure sul piano dell’impegno sociale e politico, in posti vari di responsabilità a diversi livelli.
Mentre Mariagrazia ha introdotto direttamente la celebrazione dal punto di vista spirituale e liturgico, per invitare anzitutto a rendere grazie al Signore per il ministero diaconale, sull’esempio di Cristo “venuto per servire”.
Concetto quest’ultimo magistralmente ripreso da don Mario, non solo nell’omelia dopo le riflessioni sul passo evangelico del giorno, ma anche in uno scritto da Lui appositamente preparato e consegnato al Parroco ed alla Comunità per eventuali successive catechesi. Due fogli zeppi di considerazioni in cui tra l’altro sollecitando a partecipare con crescente consapevolezza all’Eucaristia domenicale “fonte e culmine di tutta la vita cristiana”, insiste nell’invito a riflettere sulla “diakonia”, con riferimento soprattutto alla letteratura patristica che sempre la presenta come “segno della carità della Chiesa” e del servizio di Cristo che è “Kyrios-diakonos”; il Quale “non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso”.
Perciò “il diacono è nella Chiesa per richiamare tutti alla vera esistenza cristiana che è partecipazione alla diakonìa che Dio stesso ha compiuto per gli uomini”.
Ed altre osservazioni del genere, con il richiamo finale da parte di don Mario, al servo di Dio don Tonino Bello, che ha parlato di una “Chiesa col grembiule”.
E, permettendomi una digressione, ricordiamo in questo senso l’iniziativa, a suo tempo, dell’ arcivescovo Mons. Carmelo Ferraro, con la benedizione in tante, diverse, apposite concelebrazioni nei diversi vicariati, di grembiuli, per far crescere in diocesi la cultura del servizio, propria della vocazione cristiana, unitamente poi all’arcivescovo don Franco Montenegro che con altro stile non ha mai mancato di spingere sempre nella stessa direzione.
E qui è bene fermarci, perché credo che bastino questi cenni per capire in quale temperie di sacralità semplice e gioiosa si è svolta ieri la celebrazione a S. Vito, dove era presenta anche l’altro diacono permanente favarese che nel prossimo dicembre completerà 17 anni di servizio, cioè don Lillo Di Pasquale anche Lui impegnato in servizi importanti e delicati in Curia, ma non solo.
A conclusione di tutto non poteva mancare qualche foto-ricordo davanti all’altare maggiore dove c’è il tabernacolo col Ss. Sacramento dell’Eucarestia, sotto la sguardo di Maria SS., la cui divina maternità nella Chiesa di S. Vito, dai nostri antenati nella fede è stata reinterpretata con il simbolismo del cuore, cioè di una mamma che presenta il cuore e dice di amare con tutto il cuore i suoi figli, indirizzandoli verso l’Eucaristia, dove nel povero segno del pane, il suo divin Figlio ha deciso di perpetuare la sua presenza viva e reale, in corpo sangue, anima e divinità.
Diego Acquisto
24-8-2020
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