Giovedì Santo – Essere preti più che fare i preti. Unn richiamo all’essere che però vale per tutti.
Giovedì Santo- Un forte richiamo all’essere–Sulla Messa Crismale oggi i mezzi di comunicazione possono solo diffondere immagini di repertorio relative agli anni passati perché quest’anno a causa del coronavirus in mattinata in Cattedrale non ci sarà la consueta solenne concelebrazione con la rinnovazione delle promesse da parte dei presbiteri e la benedizione dei “sacri oli” e tutto è rinviato a data da destinarsi.
Ma l’arcivescovo card. don Franco Montenegro rivolgendosi direttamente ai presbiteri – (e sicuramente per loro tramite a tutti i fedeli, che per il battesimo sono diventati “popolo sacerdotale”, al cui servizio è finalizzato il sacerdozio ministeriale dei presbiteri) ) – non ha mancato di far conoscere il suo pensiero, perché questo Giovedì Santo, non passi dice “senza porgervi gli auguri per la S. Pasqua e per il vostro sacerdozio”.
E, senza preamboli, entrando subito in argomento, in riferimento all’attuale situazione, scrive: “Siamo confusi e anche spaventati, non riusciamo a capire cos’è e perché sta avvenendo questo tsunami. Ma senz’altro Dio — al quale gridiamo aiuto — ci sta parlando e ci sta chiedendo qualcosa che per noi è ancora difficile decifrare; ciò di cui siamo certi è che per Lui conta il nostro bene”.
E rivolgendosi poi, sicuramente in maniera diretta ai sacerdoti ma indirettamente a tutti, nella lunga ed articolata lettera, un invito a tutti; quello della richiesta umile e sentita al Signore di accrescere la nostra fede, unitamente a quello che ci sembra il punto fondamentale, su cui si fonda tutto il resto dei suggerimenti, consigli, esortazioni, riflessioni e quant’altro, cioè il richiamo all’essere prima che all’agire. Scrive infatti : “Non siamo stati ordinati per “fare i preti”, ma per “essere preti”.
E non c’è chi non veda in questo un richiamo alla spiritualità del grande S. Tommaso e quindi all’ontologia tomista, che ha il suo cardine nel principio che “l’agire segue l’essere”.
Cioè l’azione di ogni ente dipende dalla natura del suo essere, dalla natura dell’ente stesso, che quindi deve avere cura di se stesso, del suo essere, della sua identità.
Un principio di fondamentale importanza, fondativo perciò dell’etica, che, sul piano sociologico viene sempre richiamato, per ricordare il primato dell’essere sull’avere. E quindi l’uomo vale anzitutto per quello che è, non per quello che fa e che ha, che, se è pure importante e necessario, viene comunque sicuramente dopo.
Il richiamo al primato dell’essere sul fare vale per tutti, presbiteri e popolo di Dio, credenti e non, nessuno escluso.
Ed in questa direzione la perfetta consonanza del richiamo del nostro “Francesco di Agrigento” con i frequenti richiami del “Francesco di Roma”; due nomi che tutti i presbiteri agrigentini nominano ogni giorno nella celebrazione della Messa.
Così come avverrà oggi nella Messa vespertina “in Coena Domini”, cioè in ricordo dell’ultima Cena, quando Gesù che pure era a conoscenza del tradimento di Giuda, istituiva il sacramento dell’amore.
Sacramento che è anche il sacrificio della nuova ed eterna alleanza tra Dio e l’umanità. Un’alleanza fondata sul sangue di Cristo, che non sarà mai più cambiata e durerà sino a quando ci saranno il mondo e la storia.
Diego Acquisto
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