Globalizzazione e natura multietnica della Chiesa sin dalle origini
“È stato eletto un Papa africano!”. Proprio così scrive il “Liber Pontificalis”, che è la storia più antica dei Pontefici, di Papa Gelasio (492-496), “natione afer” cioè di nazione africana, ma “romanus natus” come poi lo stesso teneva a precisare, comunicando la sua elezione all’imperatore bizantino Anastasio, il 1° marzo del 492.
“Romanus natus”, cioè a nato a Roma da genitori che provenivano dalla Cabilia, regione montana dell’Algeria, che si estende dalla città di Algeri ad Oriente, sino al confine tunisino. Una zona del Nord Africa e quindi un Papa di seconda generazione di immigrati africani. E la cronaca del tempo riferisce che la notizia di quell’elezione si diffuse rapidamente non solo nei palazzi del potere, ma soprattutto con soddisfatta sorpresa nelle zone più periferiche e degradate di Roma dove abitavano i nuovi plebei. Tutti – come si legge – a dire “È stato eletto un Papa africano!”.
Una notizia questa che leggiamo oggi sul quotidiano “L’Osservatore Romano” che – come è noto – anche se non è l’organo ufficiale della Santa Sede, tuttavia stampato nello Stato della Città del Vaticano, è una delle tre fonti ufficiali di diffusione delle notizie riguardanti la Santa Sede, insieme alla Radio Vaticana e al Centro Televisivo Vaticano. Un giornale quindi autorevole perché dà sempre ampio spazio a tutte le attività pubbliche del papa, e pubblica editoriali scritti da personalità qualificate ed importanti della Chiesa cattolica, oltre a stampare sempre anche i documenti ufficiali della Santa Sede.
E mentre ci siamo, avendo deciso di dare, risalto a questa notizia, prima di spiegarne il perché, diciamo pure che “L’Osservatore Romano” sotto la testata riporta due citazioni in latino “Unicuique suum” cioè “a ciascuno il suo” che è la formula del diritto romano) e l’espressione evangelica “non praevalebunt” cioè “non prevarranno”, in riferimento alle porte infernali.
L’elezione di Papa Gelasio e non solo, viene oggi ricordata dal prestigioso quotidiano per ringraziare la musulmana Tunisia, che in occasione del Natale, con una serie di francobolli ha voluto rendere omaggio ai tre Papi africani della storia con lo scopo preciso di volere promuovere “valori di tolleranza, apertura e dialogo interreligioso”
Papa Gelasio eletto dopo l’epoca costantiniana viene giudicato un papa moderno. Nei suoi scritti si avverte infatti l’esigenza di mettere dei paletti, di distinguere tra fede e potere, missione spirituale e potere imperiale; ognuno ha il suo compito specifico e deve stare al suo posto. Insomma proprio quasi, come si dirà tanti secoli dopo “libera Chiesa in libero Stato”.
Il primo Papa africano era stato Vittore I (189-199) strenuo difensore della Trinità, che sancì il passaggio dal greco al latino come lingua ufficiale della Chiesa, e che riuscì a ottenere dall’imperatore Commodo la liberazione dei numerosi cristiani che per la loro fede erano stati condannati “ad metalla”, cioè ai lavori forzati nelle miniere della Sardegna. Per questo scopo Papa Vittore non si vergognò di usare i buoni uffici di Marcia una donna che non godeva fama di santità presso il popolo, anzi ! ma che nutriva simpatia verso i cristiani, per consegnarle una lista di prigionieri che Marcia, grazie al favore di cui godeva da parte dell’imperatore, riuscì a riportare in libertà.
Infine il terzo Papa africano è stato Milziade (310-314), quando cambiarono le sorti della Chiesa con l’avvento al potere di Costantino imperatore al 306 al 337, che nel 313 promulga l’editto di Milano, che segna la fine delle persecuzioni contro i cristiani.
A commento di tutto, facciamo nostra la conclusione finale che de “L’Osservatore Romano”, e cioè che anche la storia del Papa e/o dei Papi africani testimonia la “grandezza della Chiesa, multietnica fin dalle origini, quando la prima globalizzazione della storia portata da Roma agevolando il movimento delle persone e la mescolanza dei popoli favorì la piena espressione “cattolica” della salvezza portata da Cristo”.
Diego Acquisto
24-1-2020
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