Favara rende omaggio a Salvatore Sciortino,  uno dei suoi figli più illustri ed  amati

 Senza dubbio, specie in questo periodo, la persona più popolare e benvoluta, per tutti “U zì Totò, u poeta di Favara”, passato a miglior vita l’altro ieri, all’età di 87 anni  e del quale oggi nella sua amata chiesetta di  S. Calogero  vengono celebrati i funerali.

Uomo  di talento, di grande umanità,  di profonda fede, lascia una grande eredità culturale, spirituale, civile, di rettitudine e di onestà.

Poeta autodidatta, Salvatore Sciortino scopre la sua vena poetica dialettale in età matura e si inserisce egregiamente con fervida  passione, genuino talento  e vivace  vena artistica, nel filone di quella cultura siciliana e tipicamente favarese che è   legata alle tradizioni ed ai costumi  popolari di una volta.

Ed  a leggere i social, non manca adesso chi lo definisce, seppure  animato da idealità e  motivazioni diverse il Buttitta di Favara.

Ci riferiamo chiaramente al prof. Angelo Vita, all’attenzione in questo periodo per la sua innovativa “Didattica del Dis-AGIO”, che scrive testualmente sulla sua pagina facebook: “Accostare Sciortino a Buttitta, x me – in questo giorno di lutto per la comunità locale – è un modo per rendere onore al nostro poeta che ci lascia non prima di averci fatto dono di versi versati d’inchiostro indelebile.  Buttitta a Bagheria Sciortino a Favara: due modi diversi di interpretare l’animo della Sicilia perbene.  Buttitta poeta di lotta e di classe, Sciortino poeta dell’animo umile di uomini probi. Buttitta cantore dell’idioma siculo, Sciortino cantore delle piaghe della nostra gente, di quella senza nome ma con una grande anima”.

Condivisibile o meno, la verità è  che Salvatore Sciortino fa della poesia  la ragione fondamentale del suo esistere, per esprimere con gioia i valori per cui vive, in cima dei quali c’è la sua fede in Dio.

E come scrive una persona scrupolosa ed attenta,  dalla cultura raffinata, come il favarese prof. Lillo Vetro, – (nella foto con accanto il prof  Giovanni Marchica, nel giorno della recente presentazione del volume “Terra di Sicilia”) –   il valore della  poesia di Salvatore Sciortino “ dobbiamo cercarlo forse  proprio nel fatto che essa – dalla prima all’ultima parola –  è testimonianza di una fede sincera verso un Dio di misericordia da implorare attraverso la corona dei suoi santi”.

E per questo mi piace citare solo alcuni versi che si riferiscono a S. Vito ed a Santa Rita, a suo tempo da Lui declamati in una Chiesa assiepata da fedeli attenti e consenzienti.

Ecco : “Na cruci mmani teni Santu Vitu—taliannu versu Diu assai cuntritu—un cani a li so pedi sempre attentu, –aspetta ‘i so cumanni assai cuntentu”—–“Cu trasi ni la chiesa Santu Vitu—lu trova sempri dda a manu manca,–vistuto comu un principi e pulitu – di taliari ncelu nun si stanca”.

Seguono altre belle strofe che si concludono con l’esortazione  a pregare sempre S. Vito, che nella tradizione cattolica è uno dei santi cosiddette “ausiliatori”, invocati cioè in particolari, difficili circostanze.

Sulla spina di S. Rita, molto venerata a Favara nella Chiesa di S. Vito: scrive: “Na cruci teni mmani Santa Rita—lo sguardo fissu versu lu Signuri –- na spina ni la frunti  dulurusa – e ni lu cori fidi e tantu amuri”.

 E ancora dopo altre, belle e significative,  strofe: “ A Cascia campà afflitta e marturiata – luttannu cu curaggiu tutti l’uri, — purtà li figli a la giusta strada – avennu sempri fidi a lu Signuri”.

Tra le tante cose che si leggono in questo momento, particolarmente interessante  è sicuramente quello che dice il  il professor Giovanni Marchica, che ha curato recentemente una sua raccolta di poesie, dal titolo “Terra di Sicilia : “Alla base della poesia di Salvatore Sciortino c’è la rara capacità di avventurarsi nella “periferia antropologica” della comunità siciliana , cogliendo il “respiro profondo” e restituendoci, in questo modo, il suo plurisecolare bagaglio di storia e tradizione”.

Diego ACQUISTO

 

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