Agrigento-Presbiteri e diaconi in riflessione e preghiera
Una spinta al “fare” del vescovo Zambito al Clero agrigentino–Si è appena concluso il ritiro diocesano di Avvento dei presbiteri e diaconi agrigentini, che si è tenuto nei locali del seminario di piazza don Minzoni in Agrigento, alla presenza del nostro pastore cardinale don Franco Montenegro.
Che però ha invitato per dettare la meditazione il vescovo emerito di Patti, mons. Ignazio Zambito (nella foto con Papa Francesco), che risiede nella sua città natale S. Stefano Quisquina, e che dal vicario episcopale per la ministerialità, don Leo Argento, nelle brevi parole di presentazione, è stato definito “gemma” del clero agrigentino.
Ed in verità, Mons, Ignazio Zambito, che per 27 anni è stato vescovo a Patti, dal luglio 1989 al febbraio 2017, quando ha lasciato per raggiunti limiti di età, è stato un presbitero agrigentino. Infatti si è formato nel nostro seminario, ha esercitato per 23 anni il suo ministero presbiterale prima di essere nominato vescovo, nella nostra arcidiocesi per tanti anni come parroco nella Parrocchia della Madonna del Rosario ad Aragona, e contemporaneamente è stato docente di materie teologiche, vicario generale del vescovo Luigi Bommarito e per alcuni mesi di S. E. l’arcivescovo-metropolita Mons. Carmelo Ferraro, dal dicembre 1988 sino alla sua data di elezione a vescovo di Patti da parte di S. Giovanni Paolo II, il 12 maggio 1989.
Sintetizzando al massimo, un invito al “fare” la meditazione del vescovo Zambito.
Al “fare” nel senso più evangelicamente pregnante, secondo il comando di Gesù che ha detto ai dodici nel Cenacolo, “Fate questo in memoria di me”; nel senso del fare come plasticamente significato proprio da Gesù in quel momento, pane spezzato, preparandosi all’immolazione della Croce, sacrificio della nuova ed eterna alleanza.
Ed il sacerdote è anzitutto l’uomo dell’Eucarestia, o come popolarmente dice il popolo, con quel suo peculiare “sensus fidei”, è l’uomo della Messa. Colui cioè che solo può celebrare la Messa che rinnova ed attualizza il grande mistero della nostra fede.
Ricordiamo che per la fede cattolica l’Eucarestia è il sacramento che consiste nella ripetizione incruenta, mediata dal sacerdote, del sacrificio di Gesù Cristo, e si realizza nel mistero della transustanziazione del pane e del vino nel corpo e nel sangue del Signore.
Un fare quindi che si deve concretizzare nell’adorazione personale e nello stile concreto di vita, sostanziata di umile e generoso servizio, sostanziato di mitezza, disponibilità, fraternità e misericordia.
Comportamenti che scaturiscono dalla grande verità dell’Eucarestia, su cui mons. Ignazio si è soffermato, richiamando al Catechismo della Chiesa Cattolica, su cui bisogna sempre concentrare la propria riflessione, senza tenere conto di opinabili suggestioni o cervellotiche interpretazioni dei sacri testi.
E quindi, senza cercare di non cadere mai nella banalizzazione della routine, tutte le implicanze concrete nel “fare” dell’Eucarestia, al di là dei momenti specifici di adorazione personale, il centro propulsore della propria esistenza, il proprio “sitz im leben”, cioè il proprio contesto vitale e socio-culturale in cui strutturare il proprio stile di comportamento e vita concretamente vissuta.
Un’esposizione piana, facile, concreta, efficace ed incisiva, quella di Mons. Ignazio Zambito, che ha richiamato tutti all’essenzialità, senza quei voli astratti, di una spiritualità falsamente accattivante, capace solo di portare ad un rovinoso pseudo-misticismo astratto e disincarnato.
Diego Acquisto
21-12-2018
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