Il sogno di una Parrocchia diversa con il richiamo del Tabernacolo
Alcune osservazioni di un vecchio parroco per chi condivide il sogno di una Parrocchia diversa con il richiamo del Tabernacolo
“Sogno una Chiesa tutta protesa a formare gli evangelizzatori. Dove tu vai a Messa una domenica e senti un’aria di famiglia…”.
Leggo e condivido quello che scrive Don Andrea Brugnoli, un sacerdote “di strada”, fuori dal comune cliché, con diverse esperienze alle spalle, che tanto fa discutere e tanto prurito ha fatto venire ad alcuni uomini di chiesa per alcune affermazioni pastorali, parroco a Verona, nella parrocchia di San Zeno alla Zai, che è una zona agricolo-artigianale-industriale.
E’ il sogno di questo Parroco, è condiviso però da tanti altri Parroci giovani e non, che spesso si sentono anche un po’ troppo condizionati da tante tradizioni e consuetudini, norme e prescrizioni, modi di fare e di rapportarsi con i superiori e con gli stessi confratelli, e con modelli organizzativi, che se non proprio nulla, poco hanno a che fare con quella semplicità, franchezza e schiettezza di cui trasudano tutte le pagine del Vangelo.
Il sogno di una Parrocchia-comunità diversa che si scontra, per esempio, anzitutto con la cosiddetta “pastorale del ricatto” praticata da chi approfitta del fatto che i genitori vogliono battezzare i figli per “obbligarli” a un certo numero di incontri, addirittura anche facendo della partecipazione materiale a questi incontri una “conditio sine qua non”.
In qualche manuale di pastorale vengono presentati poi alcuni modelli di Parrocchia, che malgrado talune valutazioni positive da parte di certa cultura, tuttavia non soddisfano l’ansia di quel sogno di una comunità capace di creare un’aria di famiglia, con la comune passione condivisa di portare le persone all’incontro con Gesù, in cui solo c’è salvezza.
Non soddisfa il modello di “Parrocchia Social, brulicante di volontari, tutti con la barba, i sandali ai piedi e dove si fa un sacco di cose: lavoretti per il Terzo mondo, raccolte equosolidali, vendita di prodotti missionari”.
Non soddisfa il modello di Parrocchia Milàn, che già nella denominazione dice tutto,… cioè dove si usano tutti i ritrovati tecnologici più moderni, ed i preti magari non solo recitano il breviario ma celebrano anche la Messa con l’i-Pad, e naturalmente si fanno progetti pastorali con organigrammi complessi e qualificati, proprio “à la page”, previa approvazione con tanto di votazioni in Consiglio Pastorale, in modo che nessuno possa dire che tutto sia stato stabilito dall’alto.
Non soddisfa il modello Parrocchia Asilo, dove si si organizzano continuamente e si ospitano i bambini, soprattutto per venire incontro ai genitori che lavorano. E poi magari un po’ anche con lo stesso criterio. si organizzano campi scuola e grest quando le scuole sono chiuse; si fanno feste di compleanno e di onomastico, di fidanzamento e di anniversari di matrimonio. Non solo ! si favorisce pure l’uso dei locali per riunioni condominiali e per discutere particolari problemi che riguardano il quartiere.
Al netto di queste esperienze, credo che forse la cosa davvero fondamentale e principale dovrebbe essere quella di formare un gruppo di persone motivate e davvero in comunione, partendo anche da zero. E solo dopo pensare alle attività ! non viceversa, come purtroppo spesso si fa di pensare subito alle attività per attirare persone da lanciare nelle attività vecchie e nuove per coinvolgerle , facendo leva su quel sentimento di protagonismo che facilmente si annida nell’animo umano, prima ancora del desiderio di una seria e sincera formazione.
Gesù ricordava spesso ai suoi di essere venuto non per essere servito, ma per servire e che quando si è costituiti in autorità, per risultare graditi a Dio, si deve avere un anelito più profondo di servire, utilizzando al meglio i propri talenti.
A questo scopo piena condivisione a quello che dice don Andrea Brugnoli che non apprezza le “riunioni verbose”, i “ catechismi antropologici”, che, secondo lui, “hanno formato ben pochi cristiani veri”. Non solo ! Spesso il catechismo “si limita a un moralismo terzomondista che persino un extracomunitario troverebbe risibile e anti-storico”.
“La chiesa», dice, “è la casa di Dio, dove Lui solo deve parlare. La gente deve vedere che in chiesa si entra per dare gloria a Dio e a Dio solo”.
E per questo, centralità del Tabernacolo, purtroppo spesso messo in disparte perché “dopo il Concilio, al posto di Gesù, si sono messi i preti con la loro sedia”.
Osservazioni senz’altro pungenti queste ultime, forse anche pastoralmente discutibili ! ma che tuttavia meritano comunque rispetto ed attenzione. Perché appare evidente che oggi tanta buona gente non sente per nulla o comunque assai poco il richiamo del tabernacolo.
E proprio ieri, una brava persona che era venuta per conferire con me… da me invitata a pazientare un po’,… la trovo al centro della Chiesa, in una posizione insolita, per potersi meglio rivolgere e contemplare il grande Crocifisso di un altare laterale.
Si è sorpresa quando Le ho detto che – con tutto il rispetto per il Crocifisso – il padrone di casa era altrove !
Sì, ho detto il Padrone di Casa, che è vivo, presente e reale….ed è a nel tabernacolo. Al centro dell’altare maggiore-centrale, con due lumini, con un’aureola di luce attorno a quella porticina che chiude la sua casetta. Che unicamente conserva quella preziosa presenza.
Diego Acquisto