Chissà cosa pensa il barone!
Suscita tanta apprensione a Favara la scomparsa del “Boccone del Povero”, mentre aumentano le nuove forme di povertà
Per l’esattezza si tratta però dell’estinzione per legge della “Pia Opera Barone Mendola”, ma che i favaresi hanno però sempre chiamato in quel modo, pensando al benemerito barone.
Ed il barone a cui si riferisce la “Pia Opera” è Antonio Mendola ( Favara 1828-1908), uomo di spirito multiforme, con una grande e non comune sensibilità umana, spirituale, culturale ed etica, straordinariamente travagliata sotto tutti i punti di vista.
Carmelo Antinoro, scrupoloso storico favarese con fine spirito critico, nella ricorrenza del centenario della morte, ha curato la pubblicazione dei suoi “diari intimi”, noto per la sua meticolosa attitudine a misurare bene le parole, nell’introduzione lo definisce “profondo studioso, disinteressato benefattore, nei confronti della sua città, Favara, i suoi abitanti, e non solo”.
Un giudizio questo a Favara largamente condiviso di benefattore, perché il barone Antonio Mendola, al di là delle tante forse ingiustificate dicerie di libertinaggio, benefattore lo è stato davvero in tutti i sensi. Ha pensato anzitutto alla povertà materiale e con lungimiranza anche a quella culturale della sua Favara. Per la povertà culturale, che spesso è causa di quella materiale, ha pensato di costruire una palazzina che ha intitolato “Popularis sapientiae loculus”; cioè un piccolo spazio per la sapienza del popolo, in pratica una biblioteca con un ricco patrimonio librario, allora di oltre 15.000 volumi.
Per la povertà materiale assai diffusa, oltre alla continua, spicciola beneficenza che praticava quotidianamente, ha impegnato il suo ricco patrimonio per un orfanotrofio ed un asilo “per i poveri naturali di Favara o che abbiano acquistato in Favara il domicilio di soccorso” e per vecchi invalidi al lavoro. Cioè bambini e vecchi poveri, in considerazione che “l’uomo nasce debolissimo e ritorna tale quando invecchia” e per questo sono necessari “asili, ricoveri, orfanotrofi, etc.”.
E proprio per questo ha dato origine alla “Pia Opera” che porta il suo nome, gestita sino al 2015 dalle Suore Bocconiste, fondate dal medico e presbitero palermitano, beato Giacomo Cusmano (1834-1888). Il quale alla sua nuova famiglia religiosa ha dato il nome di “Congregazione dei Missionari Servi dei Poveri”, detta più comunemente Opera del Boccone del Povero.
E nel prospetto dell’Istituto fatto costruire dal Barone e chiamato a Favara, Boccone del povero, centro di carità per bambini poveri, orfani diseredati ed anziani bisognosi, sino a qualche decennio fa, dominava la scritta “Il superfluo datelo ai poveri”, leggibile anche a distanza.
Sappiamo le trasformazioni anche giuridiche avvenute nella struttura, prima, per tantissimi anni gestita esclusivamente con libere offerte ed il volontariato dalle Suore “Serve dei Poveri”, poi come IPAB, cioè (Istituzione Pubblica di Assistenza e Beneficenza, regolamentata dalle varie leggi, che sicuramente hanno modificato la gestione con il Consiglio di Amministrazione formato con rappresentanti della Prefettura, del Comune, della Curia e forse anche della Regione. Negli ultimi anni tanti problemi si sono presentati , con diversi interrogativi che sono stati posti, anche sulla mancata pubblicazione dei bilanci, pare a partire dal 2005, con notevoli somme erogate da qualche ente pubblico e che sono servite ad assistere non si sa bene – a leggere a suo tempo taluni interventi su facebook, quante e quali persone bisognose siano state assistite …Insomma su facebook sono state poste alcune domandese , anche da persone autorevoli sulla scena amministrativa locale, che tuttavia non solo non hanno diradato il polverone, ma forse hanno solo complicato le cose.
Quello che è avvenuto, è ormai cronaca passata, perché dopo che sono andate via le Suore, l’Istituto, – (dal quale comunque tutti gli ospiti erano stati congedati) – è stato affidato ad un Commissario straordinario, che invano ha cercato un’altra famiglia religiosa o un altro Ente per gestirlo , secondo le finalità di cui al lascito del Grande Benefattore.
A questo punto la recente notizia che, anche se nell’aria, è stata una vera e propria bomba che turba ed interroga la coscienza. Cioè l’estinzione per legge della “Pia Opera Barone Mendola”, da parte del Commissario straordinario Angelo Failla, nominato dall’Assessore regionale famiglia-politiche sociali e lavoro, che già il 7 dicembre del 2016 con proprio decreto aveva anche dichiarato decaduto il Consiglio di amministrazione dell’Opera Pia.
Adesso con l’estinzione, sia l’istituzione che i beni dell’Opera passano all’Amministrazione Comunale che può consentire un nuovo modello gestionale con l’avvio di una nuova erogazione di “servizi socio-assistenziali e sanitari alla persona”, in rapporto alle nuove emergenze e problematiche della tessuto sociale di oggi, certamente diverso da quello dei tempi del Barone Mendola.
Le povertà di oggi di diversa tipologia non sono sicuramente meno di quelle di ieri, specie del tempo del barone Mendola ! e che negli ultimi dieci anni sono aumentate a dismisura, come dicono tutte le statistiche. Ciò in un contesto di globalizzazione che la politica non ha potuto, voluto o saputo controllare.
Adesso l’auspicio è che da subito, con grande senso di responsabilità, si pongano le basi perché, per davvero, dei magnifici locali se ne faccia buon uso anche come rispetto alla volontà del donatore, evitando quello che già successo qualche anno fa con la Scuola Media Mendola, pure dedicata allo stesso benefattore, e adesso scandalosamente abbandonata e diventata luogo di degrado etico-sociale, e periodicamente vandalizzata.
Scuola Media Mendola di via dei Mille, che sta lì, sotto gli occhi impotenti ed esterrefatti di tutti, simbolo “vivente” di un inqualificabile obbrobrio, frutto di precipitazione, o superficialità, o pressapochismo, o debolezza, o disinteresse o incapacità di un cosiddetto tipo di “impegno politico” che non merita nemmeno minimamente questo nome.
Diego Acquisto