Verso il Primo Maggio con un nuovo impegno politico per il diritto e la dignità del lavoro

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E’ proprio quello che si richiede oggi, un nuovo impegno politico,  fattivo e pratico, rapportato alla gravità della situazione, e quindi capace di fronteggiare sul piano esterno i mali della globalizzazione e su quello interno gli abusi dell’autonomia, entrambi fonte di clamorose ingiustizie e rovinose diseguaglianze sociali. E tutto, purtroppo, nel contesto di una cultura, che  mira unicamente  al  profitto, senza minimamente curarsi delle conseguenze nefaste che piombano su persone e  famiglie. I dati Istat ed Eurostat con la crudezza dei numeri, lo scorso dicembre hanno fotografato la situazione, registrando che dal 2005 ad oggi ha visto la povertà dilatarsi a macchia d’olio in tutte le regioni d’Italia, addirittura del 141/%.

Ma andiamo  al lavoro ! Teoricamente abbandonata da tutti la concezione classica dell’antichità che considerava l’attività lavorativa soprattutto manuale indegna dell’uomo libero, non possiamo dimenticare le sofferenze provocate sui minori, sulle donne e sugli uomini al  lavoro dal capitalismo, sin dal suo sorgere, all’inizio della modernità con la rivoluzione industriale.

Nel corso della storia i cristiani mai hanno trascurato le problematiche del lavoro; ma bisogna pure riconoscere che  il loro operato   non è stato  esente da colpe e peccati.

Punto di riferimento comunque sempre è stato l’uomo come immagine di Dio. E ciò ha portato, seppur gradualmente, all’abolizione della schiavitù antica, mentre ancora  nei tempi moderni si stenta a confrontarsi con  le nuove forme di schiavitù,  pur  alla luce dei valori evangelici, secondo le indicazioni del Magistero.

Sul finire dell’Ottocento, nel  vivo della problematica sulla “questione sociale”, quando sembrava che secondo il messaggio marxista l’unica soluzione possibile fosse solo quella della  “lotta di classe”, c’è stata  la parola ferma e lungimirante  di Papa Leone XIII, che  con la famosa enciclica  Rerum Novarum del 15 maggio 1891, ha indicato un nuovo percorso.

La Chiesa da allora   ha  assunto un ruolo quasi di guida, ed attingendo al suo patrimonio ideale e di fede, ha dato un  scossone alle coscienze, rivendicando  la dignità della persona umana del lavoratore come criterio di valutazione giuridica prevalente sulla considerazione economica del lavoro come fattore della produzione . Fu  un principio rivoluzionario, perché si poneva in contrasto col concetto di libertà su cui era fondata la società uscita dalla rivoluzione francese del 1789. E   proprio su  questo principio della prevalenza della dignità del lavoratore  sul dato economico, si innestò la  radicale modificazione dei rapporti nelle vertenze lavorative, tra datori di lavoro e lavoratori.

L’avere rivendicato questo principio al sistema dei valori cristiani, averlo formulato come principio di progresso sociale fu opera e merito della “Rerum novarum”.  Altri principi: la proprietà privata è legittima, ma ha una funzione anzitutto sociale; lo Stato ha il dovere di favorire e promuovere la prosperità pubblica, sostituendosi quando è necessario ai privati; il lavoro non è una semplice merce, ma finalizzato ad una vita dignitosa del lavoratore e della sua famiglia; inaccettabile  la lotta di classe, al cui posto si deve inserire una collaborazione fattiva tra le classi, nell’interesse di entrambe; gli operai  hanno il diritto d associarsi per tutelare i loro giusti diritti, come quelli al riposo ed alla festa.

Le cronache del tempo ci dicono che quelle parole di Papa Leone  ebbero l’effetto di una vera e propria bomba per scuotere  la pigrizia dei cristiani. E’ superfluo pure notare come i suggerimenti papali  sul ruolo dello Stato, anticipino di oltre un quarantennio  la visione  keinesiana al riguardo, considerata la più influente tra gli economisti nella seconda metà del  secolo XX.

Del clamore  e soddisfatto stupore suscitato dalla Rerum Novarum se ne fa eco George Bernanos (1888-1948)  nel “Diario di un curato di campagna”, in cui si  legge che il vecchio parroco  dice  al suo giovane confratello: “La Rerum Novarum, voi oggi la leggete tranquillamente con l’orlo delle ciglia, come una qualunque pastorale di quaresima. Alla sua epoca, giovanotto, ci è parso di sentirci tremare la terra sotto i piedi. Quale entusiasmo! Questa idea così semplice che il lavoro non è una merce sottoposta alla legge dell’offerta e della domanda, che non si può speculare sui salari, sulla vita degli uomini come sul grano, lo zucchero e il caffè, metteva sottosopra le coscienze. Lo credi ? Per averla spiegata in cattedra alla mia buona gente, sono passato per un socialista”.

Oggi la gravità del problema-lavoro  viene denunciata da Papa Francesco e l’augurio generale è che questa voce finalmente sia ascoltata, senza aspettare  eventi dannosi ed imprevedibili.

Bisogna  arrestare la logica nefasta, perseguita, – (ci viene da pensare,  con lucidità quasi diabolica, senza che nessuno intervenga) –  che vede oggi  continuamente aumentare … licenziati, esodati,  prepensionati e precari, … aziende che chiudono in Italia e si  spostano dall’altra parte del mondo,  liberandosi, in nome di una malintesa globalizzazione, delle persone per aumentare profitti,  diminuendo i posti di lavoro, con la conseguenza di aumentare  le diseguaglianze aumentano e  di una  ricchezza che continua  a concentrarsi nelle mani delle vecchie  o  nuove ristrette caste.

Per tutto questo occorre che l’emergenza lavoro susciti  un sussulto di indignazione generale  che parta dal profondo della coscienza; una nuova forma di resistenza civile come quella del secondo dopoguerra, che se non sarà guidata dai partiti, sarà fatta direttamente dal popolo.

E perciò Papa Francesco nel   Discorso ai partecipanti all’incontro mondiale dei Movimenti Popolari, del 28 ottobre 2014, testualmente ha detto che“non esiste peggiore povertà di quella che priva del lavoro e della dignità del lavoro, che rende il lavoro una forma di schiavitù ….

Ed in terra agrigentina, in sintonia con Papa Francesco, il Card. don Franco Montenegro alza la voce contro quei pezzi di Chiesa che “ non sempre attenti ai gravi problemi … sono come incatenati dal timore di affrontare il nuovo” , per concludere  auspicando una nuova e dirompente  capacità “di scandalizzare  con la profezia dell’amore”.

Una capacità davvero nuova e dirompente, questa di scandalizzare con la profezia dell’amore, sicuramente da acquisire e non solo in terra agrigentina!.

Diego Acquisto

Pubblicato su Agrigentooggi.it

http://www.agrigentooggi.it/category/langolo-di-don-diego/

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