Sant’ Ignazio di Antiochia Vescovo e martire
Notiziario di Telepace
venerdì 17.10.2003
Sant’ Ignazio di Antiochia Vescovo e martire
precursore dell’ecclesiologia di comunione attorno al Vescovo,
principio di unità nella Chiesa locale
servizio di don Diego Acquisto
Memoria liturgica oggi di sant’Ignazio, vescovo e martire secondo successore di Pietro come vescovo di Antiochia, grande figura di pastore in tempi travagliati e difficili, espressione del fervore delle comunità subapostoliche. Condannato nell’anno 107 ad essere nell’anfiteatro, pasto delle belve al tempo dell’imperatore Traiano, nel suo viaggio senza ritorno verso Roma, subì le angherie dei soldati ma fu confortato dalle rappresentanze delle varie comunità ecclesiali, che andavano a trovarlo ed alle quali poi egli indirizzò delle meravigliose lettere, documento vivo della sua dottrina e della sua sollecitudine pastorale, in cui vibra la sua anima eroica di appassionato imitatore di Cristo fino al martirio, del quale ha una concezione eucaristica, visto come prolungamento del sacrificio di amore e di obbedienza di cristo, celebrato nell’Eucarristia. Costante l’esortazione a rinsaldare la fede, senza staccarsi dalla Tradizione apostolica. Innamorato di Cristo, insiste sulla realtà della sua umanità e della sua passione, contro gli errori cristologici che già sin da allora cominciavano a serpeggiare. Appassionato della Chiesa insiste sulla sua unità, incentrata nell’Eucarestia e attorno alla gerarchia. Ai cristiani di Smirne raccomanda: “Aderite tutti al Vescovo, come Gesù Cristo al Padre”. “La Chiesa locale – dice S. Ignazio, anticipando così di molti secoli l’ecclesiologia del Vaticano II. – intorno al Vescovo e al suo presbiterio, forma come una sinfonia di perfetta unità e concordia“. La lettera ai Romani di S. Ignazio ha uno stupendo elogio della Chiesa di Roma, che con il suo Vescovo “presiede alla carità della Chiesa universale”.
E proprio ieri la Chiesa tutta si è stretta in preghiera per il Vescovo di Roma, Giovanni Paolo II, nella ricorrenza del XXV del suo servizio come successore di Pietro, nella presidenza della carità. E proprio ieri il Papa, in forza del suo mandato, riecheggiando l’insegnamento dei Padri della Chiesa e di S. Ignazio, ha voluto consegnare ai vescovi di tutto il mondo, l’esortazione postsinodale “Pastores gregis”, sulla vocazione e missione del Vescovo, nell’attuale contesto storico. “Il Vescovo – ha detto ieri il Papa – deve essere nuovo araldo della speranza, farsi avvocato dei poveri, rendersi voce di chi non ha voce per farne valere i diritti. Non essere un burocrate, ma un pastore”. “Uomo di Dio e nutrito del Vangelo, forte del radicalismo evangelico, il Vescovo deve smascherare le false antropologie, riscattare i valori schiacciati dai processi ideologici, discernere la verità ed essere profeta di giustizia. Ha il compito di testimoniare l’amore casto, come contestazione dell’idolatria dell’istinto sessuale ed intervenire prontamente anche contro eventuali abusi commessi dai sacerdoti stessi”.
Un intervento a tutto campo quello del Papa, che nella giornata memorabile di ieri, 25° della sua elezione, ha voluto quasi consegnare il suo testamento spirituale, raccomandando i dialogo interreligioso, ma ricordando altresì con forza che mai il dialogo può sostituire l’annuncio del Vangelo, vocazione prioritaria della missione della Chiesa.
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