CROCIFISSO NELLA SCUOLA
Notiziario di Telepace
lunedì 27.10.2003
CROCIFISSO NELLA SCUOLA
servizio di don Diego Acquisto
Incredibile sentenza di un tribunale della Repubblica Italiana, per l’esattezza quello dell’Aquila, che in nome del popolo italiano, ordina per sentenza di rimuovere il Crocifisso da una scuola locale di OFENA, un tranquillo paesetto di appena 600 abitanti. Una sentenza originata dalla richiesta di un certo Adel Smith, leader islamico di una Associazione del luogo, noto per una rissa in TV, che in quella aveva i suoi figli, che rischiavano – a suo giudizio – di rimanere turbati dal simbolo cristiano.
La sentenza del tribunale dell’Aquila, ha provocato generale sconcerto, tra i cittadini e nella stragrande maggioranza delle forze politiche, indipendentemente dallo schieramento di appartenenza, inducendo lo stesso vice-presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Virginio Rognoni, normalmente molto prudente e misurato nelle parole, anche in forza del suo ruolo, a dichiarare di essere “disorientato e preoccupato“.
Ed è la sensazione che ci è sembrata di cogliere oggi in tanti luoghi del nostro ambiente agrigentino, nei luoghi dove la gente comune normalmente si ritrova per i motivi più diversi: disorientamento e preoccupazione. Disorientamento e preoccupazione ad Agrigento come a Favara, a Canicattì, a Licata, a Naro, disorientamento e preoccupazione dovunque, nei diversi paesi della nostra provincia. Disorientamento e preoccupazione, anzitutto perché esistono delle leggi che dispongono l’esposizione dei crocifissi nelle aule e le leggi vanno rispettate, soprattutto dai giudici, che devono solo preoccuparsi che siano osservate, ed in caso di sospetta incostituzionalità fare appello ai lumi della Corte Costituzionale, ma non sostituirsi al potere legislativo e in pratica promulgare una nuova legge. Disorientamento e preoccupazione, poi perché i toni della sentenza, per quanto è stato diffuso, appaiono davvero fuori misura. Si parla di “imposizione”, di Stato che pone “il culto cattolico al centro dell’universo”…Sul crocifisso a scuola (o nei luoghi pubblici in generale) si polemizza in modo ricorrente. E’ successo in un recente passato che qualcuno ne abbia avvertito la presenza come offensiva o capace di “turbare” alunni non cristiani. Una sentenza del Consiglio di Stato di qualche anno fa (è la n. 63 del 1988) chiariva bene come, al di là del significato per i credenti, la croce rappresenti “il simbolo della civiltà e della cultura cristiana nella sua radice storica, come valore universale, indipendente da specifica confessione religiosa”.
Il cardinale Ruini perciò ha ricordato, come il crocifisso esprima “l’anima profonda del Paese” e deve rimanere nelle scuole come “segno dell’identità della nostra nazione”.
Non c’è prevaricazione religiosa nell’esposizione di un simbolo che tra l’altro, per se stesso, indica invece tutt’altro. La sentenza dell’Aquila, dunque, ha le gambe corte. Tuttavia pone una serie di questioni serie, che in questo inizio di millennio chiedono un ripensamento efficace. Si tratta di riflettere sui rapporti tra le religioni e la società civile e politica, sul ruolo della scuola, sulla prospettiva multiculturale e interculturale verso cui, inevitabilmente, il nostro mondo si incammina. L’incontro tra diversità non può ridursi a scontro o a indifferenza reciproca. Né si può pensare che l’accoglienza richieda l’annullamento delle identità.
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